Ticino

Il Tf: è un salario sociale, per combattere la povertà in Ticino

Ecco in trentatré pagine le motivazioni della sentenza con cui il Tribunale federale ha respinto i ricorsi contro il minimo in busta paga

(Ti-Press)
21 dicembre 2021
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“Il carattere sociale – e non economico – del salario minimo ticinese non può nemmeno essere messo seriamente in discussione alla luce dell’ammontare stabilito dal legislatore (soglia inferiore di franchi 19,75 soglia superiore di franchi 20,25; art. 4 cpv. 1 Legge sul salario minimo), da introdurre in maniera graduale (art. 11), che le ricorrenti considerano troppo alto e non giustificato da ragioni obiettive”. In trentatré pagine il Tribunale federale demolisce le argomentazioni sollevate dalle undici ditte del Sottoceneri, prevalentemente del Mendrisiotto, che contestavano la Legge cantonale sul salario minimo, chiedendone in via principale l’annullamento. Eccole le attese motivazioni della sentenza – il cui dispositivo è stato intimato a metà dello scorso mese – con cui i giudici Seiler (presidente), Donzallaz, Hänni, Beusch e Hartmann (Savoldelli cancelliere) della II Corte di diritto pubblico hanno respinto i due ricorsi: uno presentato da sei ditte, patrocinate dagli avvocati Costantino Delogu e Laura Cansani; uno inoltrato da cinque aziende, patrocinate dall’avvocato Gianluca Padlina. Undici ditte, i cui nomi sono peraltro emersi qualche mese fa per aver sottoscritto con il sedicente sindacato TiSin, tramite Ticino Manufacturing, contratti aziendali con salari orari inferiori a quelli stabiliti dalla legge, entrata in vigore agli inizi di dicembre.

Corretto l’arrotondamento delle soglie Avs/Ai

Attese e importanti le motivazioni di Mon Repos, perché chiariscono nero su bianco alcune questioni. A cominciare dal fatto che, si diceva, il “carattere sociale – e non economico – del salario minimo ticinese non può nemmeno essere messo seriamente in discussione alla luce dell’ammontare stabilito dal legislatore”, si legge nella sentenza. Perché “in relazione alla questione posta, il Tribunale federale ha indicato che un salario minimo deve situarsi a un livello relativamente basso, vicino a quello del reddito minimo che risulta dai sistemi di assicurazione o d’assistenza sociale; differentemente esso lascerebbe per l’appunto il quadro della politica sociale per entrare in quello della politica economica”. Occupandosi in passato del salario minimo deciso in Canton Neuchâtel, i giudici di Mon Repos stabilirono che “un importo orario di 20 franchi rientrava nei parametri richiesti”. Ebbene, nel caso ticinese “la scelta di orientarsi alle soglie previste per le prestazioni complementari Avs/Ai è comune a quella delle autorità neocastellane, avallata dal Tribunale federale”. E la questione sollevata dalle ricorrenti in merito al fatto che questo salario fosse “troppo alto e non giustificato da ragioni obiettive”? Tutto regolare. Nel senso che considerando le prestazioni complementari Avs/Ai venne indicato un salario orario di 19,86 franchi orari. “Nonostante si muovano entro limiti ristretti, i legislativi cantonali dispongono pur sempre di un grande potere di apprezzamento”, ricordano i giudici di Losanna. Quindi, esattamente come “non prestava il fianco a critica alcuna” l’arrotondamento neocastellano da 19,59 franchi orari a 20, “analoga conclusione” è da trarsi per la forchetta ticinese compresa tra 19,75 e 20,25 franchi orari.

‘Non è lesivo della libertà economica’

Il caso Neuchâtel fa scuola anche per il fatto che in quell’occasione, come detto, “il Tribunale federale ha ribadito che un salario minimo cantonale non è lesivo della libertà economica se il suo ammontare si situa a un livello relativamente basso, vicino al reddito minimo risultante dai sistemi delle assicurazioni sociali o dell’assistenza sociale: senza quindi imporre ai Cantoni né una delle due soluzioni – come parrebbero prospettare alcune delle critiche sollevate – né di attenersi strettamente agli importi di riferimento in quegli ambiti”. Quali sono gli importi di riferimento? Quando un salario è considerato “basso”? A rispondere è lo stesso Tribunale federale nelle sue motivazioni, citando “un rapporto redatto nel 2013 dalla Segreteria di Stato dell’economia, che situava – per il 2010 – la soglia di un salario ‘basso’ a un importo orario tra 22 franchi e 23,90 franchi orari”. Ciò suona, di rimpallo, come un sostanziale via libera all’iniziativa popolare costituzionale lanciata dal Ps e dalla sinistra che chiede di alzare a 21,50 franchi orari il salario minimo in Ticino. Musica del futuro.

Forchette, impianto valido

Ma c’è di più nelle motivazioni del verdetto. Il Tribunale federale conferma infatti anche la validità dell’impianto di applicazione dell’articolo costituzionale proposto al parlamento dal Consiglio di Stato, ovvero con il messaggio stilato nel 2017 dal Dipartimento finanze ed economia diretto da Christian Vitta. Un impianto che da subito ha previsto la differenziazione del salario minimo per settori economici e non per mansione. Si afferma nella sentenza: “Una differenziazione per mansione non è realizzabile: in primo luogo, perché troppo vaga; in secondo luogo, poiché un’eccessiva parcellizzazione del panorama economico metterebbe in discussione la robustezza dei dati statistici di riferimento, necessari per definire i salari minimi, compromettendone la fissazione a causa della mancanza di riferimenti empirici”.

Per i residenti impatto positivo ‘di tutta evidenza’

Mon Repos si sofferma poi su due aspetti centrali. “L’idoneità dello strumento del salario minimo a combattere la povertà e il fenomeno del working poor è già stata ammessa in relazione all’introduzione del salario minimo di 20 franchi nel Canton Neuchâtel”, rammenta il Tribunale federale. Idoneità contestata da alcune delle ditte ricorrenti, secondo le quali del salario minimo beneficerebbero di più i lavoratori frontalieri che quelli residenti. “Proprio questo fatto – annota tuttavia il Tf – certifica che, con salari orari minori di quelli previsti dalla legge sul salario minimo, la vita nel Cantone Ticino quale lavoratore residente è assai difficile. Di conseguenza, l’argomentazione addotta attesta semmai il contrario, cioè che per contrastare il fenomeno del working poor su suolo cantonale ben si può pensare anche a introdurre un salario minimo”. Come del resto “è già avvenuto nel Cantone di Neuchâtel”, ribadiscono i giudici federali. A pagina 27 della sentenza la II Corte di diritto pubblico è ancora più esplicita. “L’introduzione del salario minimo – scrivono i giudici – avrà di tutta evidenza un impatto anche sulle persone residenti nel Cantone Ticino, che finora guadagnavano meno di quanto previsto dalla legge sul salario minimo. Anzi, dato che il costo della vita in Svizzera è notoriamente più alto di quello nei Paesi limitrofi, è semmai immaginabile che – nell’ottica del legislatore ticinese, che è quella di combattere la povertà nel Cantone Ticino – l’impatto reale ed effettivo dell’introduzione di un salario minimo sarà probabilmente più grande proprio per chi lavora e risiede nel Cantone Ticino, con tutto ciò che questo comporta, ivi compreso il rischio di rientrare nella categoria dei cosiddetti working poor, piuttosto che per chi vi lavora abitualmente, ma vive oltre frontiera, ed è quindi molto meno esposto a un simile rischio”.

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