Ticino

Le cantine ritireranno più uva di quanto previsto

Giuliano Maddalena (Federviti): aumento delle vendite di vino anche grazie ai turisti. Andrea Conconi (Ivvt): 'Perdite di circa 20 milioni di franchi'

Le cantine acquisteranno al massimo 800 grammi di uva al metro quadrato (archivio Ti-Press)
6 agosto 2020
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Durante la prossima vendemmia alcune cantine ritireranno più di 500 grammi al metro quadrato (g/m²) di uva al prezzo di 4 franchi al chilo. Tale limite era stato fissato durante il lockdown per far fronte alla crisi del settore confrontato con una drastica diminuzione delle vendite. Nel frattempo però «la situazione è fortunatamente migliorata» anche grazie ai numerosi turisti giunti in Ticino, afferma a ’laRegione’ Giuliano Maddalena, presidente della Federazione dei viticoltori della Svizzera italiana (Federviti). Rispetto all’anno scorso il limite di produzione è tuttavia stato abbassato da un chilo al metro quadrato a 800g/m². Questo per il fatto che «già da alcuni anni produciamo più di quanto consumiamo e le cantine sono quindi piene», precisa Andrea Conconi, direttore dell’Interprofessione della vite e del vino ticinese (Ivvt).

'Due franchi al chilo solo per prodotti non tradizionali'

L’annosa questione riguardante il prezzo di vendita dell’uva è stata recentemente risollevata da Fabio Badasci in un’interrogazione. Il deputato leghista afferma, tra l’altro, che “stiamo di fatto assistendo a un ricatto da parte di alcuni grossi produttori che giustificano l’abbassamento del prezzo per le uve prodotte nel 2020 per le troppe riserve ritirando solo 500g/m² a prezzo ’ragionevole’ (4 chf/kg) ma poi pretendono anche ulteriori 300g/m² a metà prezzo”. Stando a Conconi, da noi interpellato, le cose non stanno esattamente così: «Per gli acquisti di uve destinate a produrre vini Doc il prezzo da noi consigliato è di quattro franchi al chilo» per un massimo di 800g/m². «Chiaramente ogni cantina è libera di ritirare la quantità di uva di cui necessita», in base, ad esempio, alle riserve che ha. «Chi non troverà acquirenti per le sue uve e vorrà comunque venderle, lo potrà fare a due franchi al chilo per progetti destinati a prodotti che non rientrano nel mercato tradizionale», rileva il direttore dell’Ivvt.

Ma di quali progetti si tratta? Parliamo ad esempio «della distillazione per alcol industriale, della produzione di uno spumante con un prezzo concorrenziale, alla produzione di succo d’uva o di aceto balsamico», spiega Conconi. Progetti per i quali è anche stato chiesto un contributo al Cantone, che dovrebbe assumersi il 50% del prezzo di acquisto dell’uva. Si tratterebbe quindi di un franco al chilo (per un massimo di 500'000 franchi), mentre l’altro franco lo sborserebbero le cantine. La richiesta è stata fatta lo scorso giugno nell’ambito di un documento inviato dall’Ivvt all’esecutivo contenente diversi progetti per rilanciare il settore vitivinicolo ticinese dopo l’emergenza coronavirus. «Sono fiducioso, ma attendiamo ancora il via libera da parte del governo che ne dovrebbe discutere nelle prossime settimane». Conconi ricorda poi che, stando alle stime, il Covid-19 causerà alla filiera una perdita di circa 20 milioni di franchi, originata dalla mancata vendita di bottiglie.

'Bicchiere mezzo pieno'

Vendite che durante il lockdown «erano praticamente ferme», aggiunge Maddalena, precisando però che oggi vede «il bicchiere mezzo pieno: considerata la situazione di marzo e aprile quando vi erano grandi preoccupazioni da parte di tutti, la situazione oggi è meno grave. E la speranza è che il quantitativo che non potrà essere ritirato sarà contenuto», afferma, confermando che «diverse cantine hanno annunciato ai loro produttori che ritireranno più di 500g/m²», visto l’aumento delle vendite generata anche dall’afflusso di turisti in Ticino. Il presidente della Federviti vuole anche smentire le voci che parlano di un 50% di uva ritirata in meno rispetto all’anno scorso: «Nel 2019, anche se si poteva ritirarne al massimo un chilo al metro quadrato, la produzione totale è stata di circa 700g/m²». I numeri per quest’anno saranno forse inferiori, ma la vendita di uva non sarà sicuramente dimezzata, stando a Maddalena.

Nell sua interrogazione, Badasci fa anche notare che da quest’anno “non è più possibile” aggiungere fino al 10% di vino o di mosto di provenienza svizzera a un vino ticinese con il marchio Doc. Secondo Conconi si tratta di una «contropartita» per il fatto che il quantitativo massimo di uva acquistabile dalle cantine è passato da un chilo a 800 grammi al metro quadrato: «Non si può dire ai viticoltori di produrre meno e poi acquistare altro vino o mosto in altri cantoni. Sono contento di questo risultato, perché in questo modo valorizziamo il nostro prodotto».

Fabio Badasci (Lega) interroga il governo sulle difficoltà riguardanti i vigneti collinari

Concretamente, Badasci con il suo atto parlamentare chiede al Consiglio di Stato se è “a conoscenza dell’andamento del prezzo delle uve” e del “problema in caso di abbassamento eccessivo del prezzo in rapporto alla manutenzione del nostro territorio collinare e al valore paesaggistico”. Le difficoltà che hanno i piccoli viticoltori che possiedono vigne in collina sono note. Fra le misure «concrete» in loro aiuto, l’Ivvt prevede in futuro «di rinnovare questi vigneti di collina per renderli più meccanizzati», sottolinea Conconi. «Non è pagando l’uva a cinque franchi al chilo che potremo garantirne il futuro». Da parte sua Badasci si chiede se non “sarebbe opportuno ripensare e riproporre un sistema di pianificazione territoriale” tenendo conto delle “differenze di difficoltà di produzione a dipendenza della pendenza e dell’accesso al vigneto”.

 

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