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‘Ditte in crisi e mafie, rischio infiltrazioni aumentato’

Coronavirus, la Fedpol: anche in Ticino organizzazioni criminali potrebbero acquisire società indebitate. L’ex procuratore Pasi: territorio da sorvegliare

6 maggio 2020
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«È provato che le organizzazioni criminali di stampo mafioso si infiltrano nell’economia legale con soldi provento di illeciti, sfruttando anche il bisogno di liquidità di piccoli imprenditori e di medie aziende per sopravvivere. Dapprima queste organizzazioni si propongono quali erogatrici di crediti, in seguito si appropriano delle ditte che non riescono a ripagare i prestiti. La governance di quelle ditte rimane intatta, ma il loro assoggettamento economico all’associazione mafiosa diventa totale. Un fenomeno che potrebbe acuirsi con la grave crisi che si profila all’orizzonte e le conseguenti difficoltà economiche per non pochi imprenditori. E potrebbe acuirsi non solo in Italia, dove l’autorità giudiziaria ha già suonato il campanello d’allarme, ma anche in Svizzera e quindi in Ticino». Parole di Pierluigi Pasi, ex procuratore federale ed ex responsabile della sede distaccata di Lugano del Ministero pubblico della Confederazione. «Quando si ha necessità di denaro contante per tenere in piedi la propria attività economica, sono alte le possibilità di entrare in contatto con soggetti che dichiarano di essere in grado di salvare l’azienda: apparentemente non destano sospetti, in realtà sono collegati a organizzazioni criminali – avverte l’avvocato Pasi, da noi interpellato –. E se si è con l’acqua alla gola, è un attimo cascarci e finire in trappola. È quanto ho potuto osservare in veste di magistrato come titolare del troncone elvetico di inchieste internazionali a cavallo fra Ticino e Lombardia». Come quella italiana denominata ‘Blue Call’, sfociata in una vasta operazione con perquisizioni e sequestri nella stessa Lombardia, in altre regioni italiane e nel Luganese, in cui risiedevano esponenti di una cellula della ’ndrangheta che era riuscita a impossessarsi di un call center nel Milanese.
Sulla stessa lunghezza d’onda del già procuratore è l’Ufficio federale di polizia. «In relazione alla situazione odierna legata al Covid-19, esiste un rischio aumentato che fondi provenienti da organizzazioni criminali italiane, in Svizzera, e non soltanto in Ticino, vengano investiti in società alle prese con difficoltà economiche – annota Anne-Florence Débois, portavoce della Fedpol, contattata dalla ‘Regione’ –. Le organizzazioni criminali, cercando di riciclare questi fondi, potrebbero in tal modo acquisire più facilmente società svizzere indebitate o dei beni immobiliari. Il rischio – sottolinea la portavoce della Polizia federale – è reale. Tuttavia Fedpol non dispone attualmente di elementi che permettono di stabilire in quale misura questo rischio è realizzato. È ancora troppo presto».

‘Indagini di prossimità e confisca indipendente dei valori criminali’

Nonostante la crisi, riprende Pasi, «in Svizzera ovviamente lo Stato è ancora presente e il sistema bancario e creditizio dovrebbe poter soddisfare le richieste degli imprenditori: il pericolo però che associazioni mafiose tentino di rastrellare aziende locali messe in ginocchio dalla crisi, o che questa crisi sta rendendo ancora più fragili, c’è, eccome. Soprattutto nei settori notoriamente più esposti, come la ristorazione e l’edilizia». Senza poi dimenticare, ricorda l’ex magistrato, «che il Ticino confina con la Lombardia e il Piemonte, regioni italiane dove da tempo le mafie sono insediate, infiltrandosi in campi dell’economia». Una contiguità, aggiunge Pasi, «che rende attrattivo, e non solo da oggi, il nostro cantone, il suo tessuto economico e la sua piazza finanziaria: la crisi potrebbe renderlo ancor più attrattivo per la criminalità organizzata, anche sul versante del riciclaggio». Che fare quindi? «Indagini di prossimità e stretta osservazione del territorio, delle sue dinamiche, per individuare, per tempo, eventuali reati spia, reati – come per esempio incendi intenzionali, estorsioni e minacce – che possono far supporre presenza e attività di organizzazioni criminali. E – continua il già procuratore federale – confisca indipendente dei patrimoni criminali ai sensi dell’articolo 72 del Codice penale svizzero». Articolo secondo il quale “il giudice ordina la confisca di tutti i valori patrimoniali di cui un’organizzazione criminale ha facoltà di disporre. I valori appartenenti a una persona che abbia partecipato o sostenuto un’organizzazione criminale (articolo 260ter) sono presunti sottoposti, fino a prova del contrario, alla facoltà di disporre dell’organizzazione”. «Sono, ritengo, le prime misure da adottare per preservare la nostra economia – riprende Pasi –. In questa duplice azione, di prevenzione e di contrasto, la collaborazione tra autorità federali da un lato e – per ciò che riguarda il Ticino – Ministero pubblico e Polizia cantonale dall’altro è fondamentale. E perché questa collaborazione sia efficace occorre una regia unica, che analizzi e interpreti i dati raccolti e indirizzi l’attività di contrasto. Ma non meno importanti – prosegue l’ex magistrato – sono la collaborazione e lo scambio di informazioni tra le autorità giudiziarie e gli uffici dell’Amministrazione, fra cui quello dei registri e quello del lavoro, affinché gli aiuti erogati dalla Confederazione non finiscano nelle tasche di soggetti legati ad associazioni criminali».

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