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‘O si riapre per metà maggio o sarà durissima continuare’

Epidemia coronavirus e alberghi ticinesi, il presidente di Hotelleriesuisse Pianezzi: ‘Nel settore c’è forte preoccupazione’. ‘Il futuro? Il turista svizzero’

Lorenzo Pianezzi (Ti-Press)
16 aprile 2020
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«In questo periodo di chiusura forzata le domande che ci poniamo sono tante e al momento sono senza risposta. Per esempio, come dovremo regolarci con il numero di ospiti nelle nostre strutture? Come dovremo comportarci con loro quando gli hotel potranno riaprire? Perché quando si ripartirà, non sarà possibile inizialmente sfruttare la capienza degli alberghi, dato che bisognerà, giustamente, osservare accresciute misure di tipo sanitario. Presto contatterò anche il Medico cantonale e lo Stato maggiore cantonale di condotta per dei chiarimenti al riguardo». Il presidente della sezione ticinese di Hotelleriesuisse Lorenzo Pianezzi parla del presente e del futuro, entrambi condizionati dalla pandemia, del ramo alberghiero nel cantone. «O si riapre almeno intorno alla metà del mese prossimo, anche con tutte le limitazioni del caso e quindi anche con pochi ospiti, o per diversi albergatori sarà durissima continuare, potrebbe essere professionalmente la fine».

Cominciamo dal presente. Com’è la situazione nel vostro settore?

La stiamo monitorando e siamo in contatto con l’associazione nazionale. Nel nostro lavoro non abbiamo mai vissuto un ponte pasquale, per noi fondamentale, come quello appena trascorso. Oggi fra di noi si parla soprattutto di lavoro ridotto, di assicurazioni, di budget. Nella consapevolezza che la ripresa dell’attività non sarà per domani, né per dopodomani. Fra i nostri centocinquanta associati c’è ovviamente forte preoccupazione.

In quanti hanno fatto ricorso al lavoro ridotto?

Dalle voci che ho raccolto al nostro interno, direi un buon novanta per cento degli associati. I pochi che non hanno fatto capo alle indennità per lavoro ridotto non avevano ancora aperto le rispettive strutture, di cui sono proprietari, prima del blocco disposto dalle autorità a causa dell’emergenza coronavirus. Ma sono appunto una netta minoranza. La maggior parte aveva già aperto o era in procinto di aprire, in ogni caso aveva cominciato ad assumere personale e firmato i relativi contratti. La situazione è deprimente. Ma c’è una prospettiva incoraggiante.

Cioè?

Il mercato interno, il mercato svizzero. Credo che dopo questa epidemia si eviteranno per un bel po’ destinazioni straniere per il timore di contrarre virus. Quando riapriremo dovremo dunque concentrarci, più di quanto si è fatto finora, su quello che è stato sempre per il Ticino il turista principale, cioè il confederato e più in generale chi risiede in Svizzera.

Verrà allora rivista verso il basso la politica dei prezzi per attirare negli hotel ticinesi anche quei potenziali ospiti finanziariamente penalizzati dall’epidemia?

Si potrà fare ben poco. Abbiamo bruciato la primavera, stagione grazie alla quale noi albergatori possiamo incassare quel budget che ci permette di superare l’inverno. Pertanto non potremo giocare troppo sui prezzi, perché il rischio è di ritrovarsi a novembre senza sapere come tirare avanti.

Avete già pensato a una strategia per il dopo coronavirus?

È quella cui ho accennato prima: una strategia incentrata sul mercato svizzero. Al momento è inutile fare del marketing in quanto le persone sono ancora molto preoccupate per la pandemia, ma siamo già d’accordo con il direttore di Ticino Turismo Angelo Trotta di partire con adeguate campagne promozionali non appena si tornerà, diciamo, alla normalità. Campagne indirizzate ovviamente anche ai ticinesi, per invitarli a scoprire zone del cantone sconosciute ai più e le strutture alberghiere presenti. E colgo l’occasione per sottolineare la collaborazione molto buona con Ticino Turismo anche in questo difficile periodo. Faccio un solo esempio.

Prego.

Di recente abbiamo avviato insieme una campagna, con un sito Internet dedicato, per donare due notti al personale infermieristico e medico ticinese da trascorrere in un albergo ticinese passata questa pandemia. Un gesto di riconoscenza.

Presidente Pianezzi, la vostra categoria cosa chiede alla politica?

Di poter tornare a essere operativi non appena la situazione epidemica lo consentirà. E mi auguro in tempi rapidi. Se infatti sarà possibile riaprire gli alberghi al più tardi verso metà maggio, ciò che per noi sarebbe una boccata d’ossigeno, riusciremo, ritengo, a limitare i danni. Se invece le chiusure dovessero protrarsi fino a giugno o addirittura sino a luglio, la cosa si farebbe davvero pesante. Insieme con la politica, che ha messo finora a disposizione strumenti importanti come fideiussioni e indennità estese per il lavoro ridotto, siamo pronti a valutare le misure per ripartire, nel rispetto delle raccomandazioni sanitarie. Come? Per esempio con almeno la metà delle camere occupate. Che per un albergo medio svizzero significa cinquanta persone, dipendenti compresi. Potrebbe essere un inizio interessante, che ci consentirebbe di incassare un po’ di liquidità e affrontare e superare l’inverno, la stagione che ci preoccupa.

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