Ticino

Coronavirus e diritto di visita, 'manca una base legale'

Per l'Associazione delle famiglie monoparentali l'assenza di direttive ufficiali 'dà adito a incomprensioni e a conseguente conflitto tra i genitori'

Anche l'Associazione dei genitori non affidatari aveva sollevato la questione nei giorni scorsi (Ti-Press)
30 marzo 2020
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Non ci sono direttive ufficiali sul comportamento da seguire in materia di esercizio del diritto di visita per i genitori separati o divorziati durante l’emergenza coronavirus. Mentre le Autorità regionali di protezione (Arp) sono chiamate a decidere, in caso di disaccordo tra i genitori, senza disporre di un’aggiornata base legale.  Dopo l'appello dei giorni scorsi lanciato da Agna (l'Associazione dei genitori non affidatari) ora è l'Associazione ticinese delle famiglie monoparentali e ricostituite (Atfmr) a tornare sulla delicata questione.  Questione, scrivono in una nota, "che dà adito a incomprensioni e a conseguente conflitto tra i genitori, anche laddove si chiede di optare per un esercizio alternativo del diritto di visita, attraverso ad esempio le videochiamate".

Un esempio concreto

L'Atfmr parte da un esempio concreto per sottoporre la problematica: una famiglia monoparentale con mamma e figli che osserva le direttive da due settimane (contatti ravvicinati solo tra mamma e figli, contatti con l'esterno solo per fare la spesa o simili, mantenimento delle distanze di sicurezza all'esterno). Giunge il week-end e il padre, che vive altrove, vuole esercitare il diritto di visita. Ecco cinque scenari possibili:

- Il genitore non affidatario è rimasto a casa e non ha avuto contatti con l'esterno ravvicinati;

- Il genitore non affidatario è andato al lavoro e nel limite del possibile ha mantenuto la distanza di sicurezza;

- Il genitore non affidatario sa di non aver sempre mantenuto la distanza di sicurezza;

- Il genitore non affidatario lavora in una struttura tipo ospedale, casa anziani, dove sono transitati o sono ospitati anche malati di Covid-19.

- Il genitore non affidatario risiede in Italia

Quindi la domanda: come dovrebbero comportarsi questi genitori? In caso di disaccordo tra i due, è l’Arp a dover decidere. Ma su quali basi legali, non essendoci ancora disposizioni specifiche? Vi è il forte rischio che questa situazione insolita e incerta sfoci in un’esasperazione dei conflitti.

Il parere dell’avvocato contatto dall'Atfmr

Secondo un avvocato contattato dall'Associazione “deve essere fatta una ponderazione tra l’interesse dei figli e del genitore non affidatario di vedersi e il rischio di contagio. Il diritto di visita deve essere limitato solo se strettamente necessario per limitare il contagio e quindi in condizioni particolari, come per esempio se il genitore non affidatario lavora in una struttura tipo ospedale, casa anziani, dove sono transitati anche malati di Covid-19 o se il genitore non affidatario sa di essere a rischio e di non aver mantenuto la distanza di sicurezza. In un caso simile il diritto di visita può essere annullato cercando forme alternative come videochiamate per non interrompere il rapporto con i figli. Se invece il padre è rimasto a casa e non ha avuto contatti ravvicinati con l'esterno o se il padre è andato al lavoro e nel limite del possibile ha mantenuto la distanza di sicurezza il diritto di visita può avere luogo. I diritti di visita riguardanti genitori non affidatari che risiedono all’estero, che allo stadio attuale non possono entrare nel nostro Paese dovranno essere annullati. Anche in questi casi i genitori dovranno fare in modo di mantenere il contatto con i figli con telefonate e videochiamate”.

La richiesta al Consiglio di Stato 

Ciò che l’Atfmr richiede alle autorità competenti è di dare delle indicazioni chiare ai genitori separati su come gestire il diritto di visita durante questa fase acuta dell’emergenza coronavirus, tenendo conto delle diverse situazioni in cui viene esercitato il diritto di visita.

 

 

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