L'approfondimento

Autismo, nuove terapie prima dei 3 anni, ma sono costose

Investire 150mila franchi a bimbo, aiutarlo ad integrarsi e risparmiare costi poi. La sfida di Berna e dei Cantoni

31 gennaio 2019
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Chiara e Maria Giulia lo sanno, un figlio autistico è un vero tsunami. Lui soffre perché vuole comunicare ma nessuno lo capisce. Urla e crisi sono all’ordine del giorno, come raccontano le due mamme del Luganese, che hanno però avuto la fortuna di inserire i loro figli, Michele e Gioele, in un progetto pilota nazionale: il gruppo Arcobaleno all’Otaf a Sorengo, dove hanno ricevuto una terapia intensiva, che ha cambiato totalmente le loro vite.

Dieci anni fa, questi bambini avrebbero ricevuto terapie prescritte anche per altre patologie, e avrebbero seguito da subito un percorso di scolarizzazione speciale. Poi c’è stata la svolta. Si è capito che un bimbo autistico può andare a scuola e diventare un adulto integrato in società, se riceve da piccolo (prima dei 3 anni) adeguate cure intensive. Come succede appunto nel gruppo Arcobaleno (vedi articolo a lato), dove è in corso uno dei 5 progetti pilota nazionali.
I risultati sono sorprendenti.

«È un’esperienza davvero positiva; basti pensare che i due terzi dei bambini autistici, che hanno ricevuto un intervento precoce e intensivo, oggi fanno un percorso di scuola regolare aiutati da docenti di appoggio specializzati. Dieci anni fa ci arrivava solo il 20%», spiega Gian Paolo Ramelli, responsabile del Servizio di neuropediatria degli ospedali dell’Ente ospedaliero cantonale. Il pediatra riferisce di 105 casi, quindi 105 famiglie negli ultimi dieci anni confrontate con forme di autismo più o meno severe.

15 nuovi casi l’anno in Ticino

I nuovi casi di autismo in Ticino sono circa 15 l’anno, tutti vengono diagnosticati attorno ai 2 anni e ricevono subito un intervento precoce. Solo 5-6 l’anno, di regola famiglie del Luganese, possono accedere al gruppo Arcobaleno, dove viene messa a punto una terapia intensiva individuale. Ogni bambino costa sui 130-150mila franchi sull’arco di due anni. La fattura per ora è coperta soprattutto dall’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (Ufas) che ha voluto i progetti pilota. Si investe subito per risparmiare dopo. Infatti, si stima che un adulto autistico, curato in un istituto, costi sui 15 milioni sull’arco di 50 anni.
Ora, il problema che si pone è di natura economica. «L’Ufas ha coperto i costi del progetto pilota negli ultimi 5 anni e lo farà anche per i prossimi quattro, ma chiede ai Cantoni di fare la loro parte e assumersi almeno le spese per gli interventi di tipo pedagogico», spiega il pediatra, che è nel gremio nazionale degli specialisti, che segue il progetto. Le discussioni sono in corso.

Chi paga, Berna o il Cantone?

Nei prossimi anni, si giocherà dunque il futuro dei bambini autistici che vanno dall’autismo severo – con ritardo cognitivo e compromissione totale delle capacità comunicative – fino all’alto funzionamento, con capacità cognitive intatte – in alcuni casi veri e propri talenti – ma con una differente organizzazione percettiva e delle competenze sociali.
Se Confederazione e Cantoni si divideranno i costi, tutti i bambini autistici potranno avere cure precoci e intensive. «Lo scenario B è che cada tutto e torniamo ai tempi in cui questi bambini finivano in istituto», dice il prof. Ramelli.

Il sostegno nella scuola

Dopo la terapia intensiva i bambini autistici vengono inseriti all’asilo e alle elementari. Nel percorso di studio sono aiutati da operatori pedagogici per l’integrazione (Opi) che forniscono anche al docente sostegno e appoggio per adattare i materiali, organizzare gli spazi, così da prevenire l’insorgere di problemi di comportamento e creare le condizioni favorevoli all’apprendimento.  

‘Ciascun bimbo riceve un approccio personale’

«Più bassa è la casa e meno mattoni ci sono, più facile è smantellarla e ricostruirla più sicura», dice Veronica Mantegazza, capo équipe del gruppo Arcobaleno all’Otaf di Sorengo, mentre osserviamo un bimbo autistico di 4 anni, è seduto ad un tavolo dove sta facendo un ‘gioco’ con le figurine con la sua educatrice. Sta imparando che ad ogni oggetto corrisponde un nome, quando li abbina in modo corretto riceve un riconoscimento. Giochi ed esercizi studiati per ‘demolire’ comportamenti errati, che non hanno ancora messo radici solide, per costruirne di nuovi, che permetteranno di comunicare col mondo. Un mattone dopo l’altro.
In due locali sono concentrate varie postazioni, tanti giochi, matite colorate, peluche, puzzle, ciascuno mirato per un apprendimento, l’ambiente è rilassato, c’è anche un materasso-rifugio per terra, delle zone relax. Sugli armadietti ci sono i nomi dei bambini, dentro ci sono i ‘classatori di comunicazione’, dove sono incollati vari pittogrammi che parlano per loro.

Aiutiamo la famiglia a stare meglio

Chi ha un disturbo dello spettro autistico non costruisce – tra i 2 e i 4 anni – in modo normale i collegamenti tra i neuroni nell’ambito dell’interazione sociale. Ne deriva una sorta di ‘cecità’ sociale. Tramite stimolazioni comportamentali è possibile riorganizzare la struttura cerebrale, ma va fatto prima che modi di agire ‘strambi’ diventino automatizzati. Determinanti sono diagnosi e cure precoci.

«Un intervento precoce permette di migliorare la qualità di vita, che non significa necessariamente superare la diagnosi di autismo, e di aiutare la famiglia ad affrontare con maggiori strategie la quotidianità», spiegano Roberto Roncoroni, direttore dell’Otaf e Simona Malacrida Rizzi, capo settore minorenni. In effetti, dal 2011 la Fondazione Otaf ha un’unità di intervento precoce per bambini con disturbi dello spettro autistico. Si chiama gruppo Arcobaleno. La capo équipe è l’analista del comportamento Veronica Mantegazza: «La sfida è intervenire prima che il bambino crei comportamenti non adeguati, insegnandogli a comunicare, a intrattenersi, a ridurre i comportamenti problematici attraverso una programmazione pedagogica e terapeutica che inglobi vari elementi (terapie logopediche ed ergoterapiche, approcci pedagogici evolutivi, approcci basati sull’analisi comportamentale applicata, parent-training e altro ancora)».

Il gruppo conta cinque pedagogiste che, dalle 9 alle 15.30, seguono nove bambini (dai 2 ai 4 anni) in maniera alternata, con un minimo di due giornate a settimana.
«Proponiamo il metodo Aba (Applied Behavior Analysis), che non è una terapia ma un insieme di metodi basati su principi scientifici dell’apprendimento che fungono da base per vari interventi e terapie dello spettro autistico. Ciascun bambino ha un progetto individualizzato secondo le personali esigenze», spiega Mantegazza.

Dovranno allenare ciò che imparano

Mentre osserviamo un bimbo che fa un puzzle per imparare a intrattenersi e ridurre movimenti motori ripetitivi, chiedo alla specialista chi lo seguirà quando, terminato il programma, sarà integrato nel percorso scolastico normale.

«Qui facciamo un intervento precoce e intensivo, aiutiamo i bambini ad acquisire delle competenze che poi dovranno esercitare, mantenere e applicare ad altre situazioni», precisa la professionista.

I bambini più grandi sono integrati alcune mattine a settimana presso le scuole dell’infanzia pubbliche del comune dove abitano, accompagnati da operatori per l’integrazione, i quali in maniera costante collaborano con i pedagogisti del gruppo Arcobaleno. 

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