Con l’apertura di ‘Al TAMBur’ a Tremona si è dato vita a un luogo di incontro... diffuso per la Montagna. ‘Per noi sono un osservatorio interessante’
Mendrisio lo custodisce con cura e a ragion veduta. Oggi in effetti la Città ha dalla sua un capitale sociale e di relazioni prezioso per il futuro di una comunità che esprime bisogni crescenti e sempre più complessi. Tutte urgenze alle quali non si risponde solo con servizi e prestazioni, che le istituzioni locali peraltro difendono a denti stretti. A necessità, disagi e solitudini il Comune sta reagendo con la solidarietà di quartiere. Negli ultimi anni sul territorio cittadino si sono aperti, infatti, dei luoghi di incontro e scambio che stanno facendo breccia nella popolazione. Li hanno ribattezzati ‘Portinerie’ e hanno saputo non solo coinvolgere chi vive sul territorio, ma pure incrociare enti e associazioni, trovando altresì un alleato nella Fondazione Pro Senectute. L’ultima nata, a Tremona, ha una particolarità, quella di essere una realtà di rete, quindi in grado di fare da punto di riferimento per l’intera regione della Montagna (che racchiude pure Arzo, Besazio e Meride). Il rituale taglio del nastro, il 21 febbraio scorso alla presenza del sindaco Samuele Cavadini, dei capidicastero Socialità e pari opportunità, Daniele Caverzasio, e Sicurezza e prossimità, Samuel Maffi, e del municipale Massimo Cerutti, ha suggellato un progetto in realtà nato un po’ di tempo fa e che ha visto all’opera cittadini e cittadine del posto. ‘Al TAMBur’, questo il suo nome, è innanzitutto loro.
Con quest’ultima iniziativa Mendrisio chiude, quindi, un cerchio. O sarebbe meglio dire un percorso che, prima di Tremona, ha portato alla ‘Casa delle Generazioni’ a Mendrisio, ‘Al Cortiletto’ a Genestrerio, e a ‘La Dispensa’ a Rancate, varata in modo informale a novembre e che avrà la sua ufficialità a primavera, coprendo così tutto il territorio. L’esperienza della Montagna, però, tiene a farci notare Tiziana Madella, direttrice Socialità e pari opportunità a Mendrisio, «possiede delle caratteristiche un po’ diverse rispetto alle altre tre ‘Portinerie’, sia come progettualità che come peculiarità territoriale. Rientra, infatti, in un progetto di ‘portineria diffusa’, con il quale siamo partiti già diversi anni fa attraverso un lungo processo di co-progettazione assieme al territorio della Montagna». A dare il ‘la’ uno studio sulla coesione sociale condotto nel 2017-2018. Il primo a sedersi attorno a un tavolo a discuterne è stato poi un gruppo di abitanti in rappresentanza di tutti e quattro i Quartieri.
«In questo contesto – ripercorre la responsabile – abbiamo analizzato il tessuto sociale locale dal punto di vista della coesione sociale. Un lavoro che ci ha portato a creare un secondo gruppo e, passato il testimone ad altri compaesani, a progettare insieme l’apertura della Portineria ‘al TAMBur’, sede principale l’ex Casa comunale di Tremona con un collegamento con Besazio. L’obiettivo dichiarato? Mettere in rete dei quartieri un po’ più periferici, nel segno della prossimità. Mi sono trovata confrontata, infatti, con persone della Montagna che mi dicevano del loro bisogno di avere dei luoghi aperti, di bassa soglia, informali, dove potersi trovare, mangiare qualcosa, fare due chiacchiere o ginnastica. Da lì abbiamo dato forma a questa nuova ‘Portineria’». Ben presto la popolazione l’ha fatta sua, portando anche degli oggetti d’arredo; si sono coinvolte le Commissioni di Quartiere e si sono proposte le prime attività. Tant’è che oggi fra le 30 e le 40 persone partecipano con regolarità alla programmazione delle varie iniziative.
Quello dell’attivazione sociale, ci fa notare Tiziana Madella, è «un tema fondamentale». Uno degli intendimenti di questo approccio, non a caso, è «creare dei punti di incontro per poi portare a conoscenza della cittadinanza le tematiche legate alla promozione della salute e al benessere. Avere dei momenti dedicati, presenti l’infermiere di comunità o l’assistente sociale. In altre parole, dei luoghi dove fare informazione e ‘agganciare’ le persone in maniera informale, per costruire una socialità più vicina alla popolazione. Certo – riconosce la direttrice – tutto ciò è una sfida. Del resto, in vari ambiti si sta valutando come avvicinarsi maggiormente alla popolazione per contrastare la solitudine, intercettare in tempo le vulnerabilità e dare delle risposte. Insomma, le ‘Portinerie’ diventano a tutti gli effetti realtà a bassa soglia, dove fare socialità in modo diverso ma altrettanto importante».
Un interlocutore prezioso in questo processo è, come detto, Pro Senectute, che a Mendrisio è presente con tre suoi punti di incontro, parte delle sei ‘Portinerie’ aperte a livello cantonale, e che sta accompagnando le varie esperienze grazie alle competenze di un suo operatore, Damiano Robbiani. «Abbiamo stretto un accordo da qui al 2027 – ci conferma Madella – e in questi tre anni la finalità è raggiungere una certa autonomia della ‘Portineria diffusa’, sempre con il sostegno dell’ente pubblico». Una cosa è sicura, annota ancora la responsabile, questi luoghi rappresentano «un osservatorio sociale molto interessante».
Si è quindi arrivati alla proposta della Montagna con alle spalle tre realtà solide. «Diciamo – ci dice la direttrice – che ogni progetto ha dato man forte agli altri. Certo dietro le quinte vi è stato un lungo e grande lavoro, come sulla Montagna, dove abbiamo analizzato territorio, bisogni e caratteristiche. Un approfondimento che ha fatto emergere un buon livello di coesione sociale, ma al contempo il rischio di isolamento. Anche perché i luoghi di incontro informali sono sempre meno. Se pensiamo a Tremona, viene alla mente il negozietto, con le sue difficoltà e il suo ruolo di antenna sociale». Sullo sfondo però c’è anche la politica. «A Mendrisio si è sviluppata una bella sensibilità da quel punto di vista – annota Madella –. Il Municipio crede nell’importanza del benessere della comunità: non dimentichiamo le strategie Mendrisio 2030. E la povertà relazionale, le situazioni di difficoltà che rischiano di diventare croniche, sono temi importanti che in questi luoghi di quartiere possono trovare una risposta almeno sul piano della relazione, della socialità degli incontri, della gratuità dello scambio. D’altro canto, dal nostro osservatorio vediamo realtà sempre più complesse, persone sempre più sole. E la Città creando dei punti di incontro, promuovendo legami e relazioni, dà delle risposte che i servizi non possono dare. Senza trascurare la possibilità di formare degli operatori e sviluppare nuove competenze». Un arricchimento, quindi, laddove il territorio si impoverisce, con la chiusura, in particolare nelle periferie, dell’ufficio postale, del negozio, del bar. «A Genestrerio è andata così – ci conferma ancora Madella –. Diventato quartiere dormitorio, le persone hanno mantenuto il piacere e la voglia di ritrovarsi in uno spazio comune e di organizzare e condividere delle attività, dei momenti. Infatti, le tavolate sono molto frequentate, dandoci modo di coinvolgere tutta la popolazione con un focus sulle fasce più vulnerabili. C’è bisogno, insomma, di continuare a offrire determinate prestazioni sociali a livello individuale, ma dall’altro lato occorre ampliare il paradigma, e dare risposte di tipo comunitario, dove le persone si sentono autorizzate a partecipare e farlo in maniera informale».