Mendrisiotto

Di pattuglia senza frontiere

Da ieri entrati in azione i punti di controllo misti, guardie di confine svizzere e poliziotti italiani

16 marzo 2019
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Si sono dati subito man forte nel soccorrere il malcapitato protagonista di un incidente stradale a ridosso del valico di Brusata a Novazzano: da una parte le guardie di confine, dall’altra gli agenti della Polizia di frontiera italiana. È iniziato così, ieri di buon mattino, il primo turno sul campo delle pattuglie miste. Se serviva una dimostrazione dell’efficacia dei patti bilaterali (del novembre 2016 e la firma del 18 febbraio, cfr. ‘laRegione’ del 19) stretti fra Svizzera e Italia, eccola lì nella concreta quotidianità. L’Accordo non è ormai più solo sulla carta. Certo la strategia, su entrambi i versanti della frontiera, è assai più ambiziosa con 28 agenti sul terreno (12 guardie e 16 poliziotti) formati insieme al Monte Ceneri il settembre scorso.

Lo sa bene il sergente Nicola Zala, capo impiego del terzetto di uomini che ha aperto la strada ai colleghi in questa nuova esperienza transfrontaliera. Un’ora abbondante dopo l’intervento a Novazzano le pattuglie si sono spostate nelle vicinanze della dogana di Pizzamiglio. A fare da supporto alla postazione di controllo ci sono tre poliziotti (due uomini e una donna) italiani attrezzati di tutto punto (giubbotto antiproiettile incluso). Un ruolo, quello di affiancamento, che al di là della linea di valico spetterà, invece, alle ‘nostre’ guardie. Di sicuro fa un certo effetto vedere posteggiate l’una accanto all’altra l’auto blu e gialla del Corpo Regione IV e la gazzella azzurro chiaro della polizia italiana. Qual è la vostra missione principale? «Il contrasto alla migrazione illegale – ci risponde subito il sergente Zala –. Il confine sud è sempre un punto caldo». Anche se sbarchi e arrivi alle porte sono diminuiti? «I passatori – ci rende attenti – sono sempre all’opera e pronti a lucrare su queste povere persone. E noi vigiliamo». Ogni mezzo è buono, ci spiega ancora Zala, per far pagare un ‘passaggio’ a cavallo del confine: auto, treno, bus internazionale di linea. Lavorare insieme, quindi, è un passo avanti per voi? «Di sicuro – ci conferma il capo impiego –. Sono sinergie che si intrecciano e che portano risultati a lungo termine». Varata la cooperazione, ora il numero di uomini e la frequenza mensile del pattugliamento misto si decideranno strada facendo. Nel frattempo, si tiene d’occhio il viavai a ridosso del valico, controllando vetture, occupanti e documenti a campione. Poco distante, a Ponte Chiasso, un paio d’ore dopo saranno il sottosegretario italiano all’Interno Nicola Molteni e il direttore centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle frontiere, Massimo Bontempi a suggellare l’intesa.

‘Un giorno importante’

Restiamo, però, al di qua della dogana: maggiore Fabio Ghielmini, sostituto comandante, primo giorno a pattuglie miste, un momento importante alfine. «Sì, un momento molto importante che va a rinforzare la già ottima collaborazione che esiste fra noi e i colleghi della Polizia di frontiera italiana. L’obiettivo – ribadisce il maggiore – è quello di essere ancora più performanti ed efficaci nell’ottica di aumentare ulteriormente la sicurezza sulla fascia di confine». Controlli in entrata e in uscita dal confine: vi è già un piano d’azione? «Ci muoveremo in base alle nostre esigenze e a quelle dei colleghi italiani: non possiamo svelare il numero di pattuglie che sarà impiegato, né dove o quando. Si opererà in modo regolare da oggi (ieri per chi legge, ndr) lungo la fascia di confine. Iniziamo dal Mendrisiotto, poi ci si sposterà nel Luganese e nella zona di Luino e della provincia di Varese. Ci saranno pattugliamenti effettuati solo su territorio svizzero, altri, in maniera alternata, unicamente su suolo italiano». L’Accordo mira alla lotta alla migrazione irregolare, ma dal Viminale si estende già la cooperazione pure alla criminalità transfrontaliera. Si allarga il campo, quindi? «Per ora – illustra Ghielmini – il traguardo dichiarato è quello della migrazione illegale e dei passatori. Non dimentichiamo che adesso i passatori agiscono sotto forma di bande criminali ben organizzate. Non è da escludere, anzi è un auspicio – rilancia –, che in un secondo tempo, fra qualche mese e negli anni, lo spettro di attività possa essere ampliato, non limitandoci dunque al fenomeno migratorio. D’altra parte al posto di blocco trattiamo tutto ciò che ci troviamo di fronte. Se nel controllo di un veicolo si riscontra la presenza di merce di contrabbando, refurtiva o stupefacente, interveniamo e agiamo fino in fondo».

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