Mendrisiotto

Tre anni e 10 mesi la pena richiesta per l'ex direttore Ipus

Tre anni invece per l'ex segretaria e sua ex compagna; per entrambi domandati 10 anni di espulsione. Il processo continua nel pomeriggio con la difesa.

La sede dell'Istituto di alta formazione (foto: Ti-Press)
31 ottobre 2018
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Si è concentrata sul “sogno che è diventato un incubo” per gli studenti di Ipus di Chiasso e Unipolisi di Disentis la requisitoria della procuratrice pubblica Raffaella Rigamonti. Poco fa la rappresentante dell’accusa ha chiesto una pena detentiva di 3 anni e 10 mesi per il 60enne ex direttore di Ipus e di tre anni per la 48enne ex segretaria e sua ex compagna, senza opporsi a un'eventuale sospensione parziale della stessa. Per entrambi è stata chiesta un’espulsione dalla Svizzera non inferiore ai 10 anni.

I due sono a processo da ieri davanti alla corte delle assise criminali per rispondere di ripetuta amministrazione infedele qualificata e ripetuta truffa aggravata. L’inchiesta, ha affermato Rigamonti, coinvolge “molti giovani che inseguivano una speranza. Giovani che provenivano dall’Italia e che speravano di trovare in Ipus un sogno dal quale si sono bruscamente svegliati, ritrovandosi in un incubo, una disillusione”.

La pp ha poi sottolineato come per i due “le colpe siano sempre riversate su terzi: al Dipartimento reo di non aver concesso il titolo di università, al rettore che ha chiesto il fallimento perché non veniva pagato, all’università slovena che ha rescisso il contratto e anche a chi vi parla che, con il suo intervento nel 2017, ha causato la cessazione dell’attività e condannato gli studenti alla non possibilità di concludere i loro studi”.

Le tappe dell'inchiesta

La pp ha in seguito ripercorso le tappe dell’inchiesta, iniziata il primo aprile 2016 con la denuncia di una studentessa, alla quale è seguita, il 12 aprile, quella di una quarantina di studenti che ha messo l’accento su quanto Ipus prometteva. Dagli interrogatori di questi studenti è emerso che “gli imputati hanno sempre rassicurato gli studenti che avrebbero ottenuto due lauree, una svizzera e una europea”.

L’8 agosto è stato il rettore dell’istituto a chiedere il fallimento, poi dichiarato in settembre, dell’istituto. L’inchiesta nel frattempo è continuata con verifiche nella sede di Ipus e la richiesta di una ricostruzione degli importi a contanti (risultata “inutilizzabile perché senza nessun giustificativo”). In parallelo gli imputati hanno avviato un’analoga attività a Disentis. E proprio dal gerente di Unipolisi “è arrivata una nuova segnalazione in merito a comportamenti che potrebbero essere penalmente rilevanti nell’ambito dell’attività di Unipolisi”. Una verifica della disponibilità bancaria, ha aggiunto Rigamonti, ha evidenziato che nonostante il pagamento delle rette degli studenti “sui conti non c’era più nulla a seguito di prelevamenti e bonifici”.

L'arresto nel dicembre 2017

L’arresto dei due è scattato nel dicembre scorso. Tutte queste inchieste “hanno fatto emergere che gli imputati non hanno chiarito il destino degli importi prelevati da Ipus e Unipolisi. Di sicuro parte è stata usata a favore degli imputati stessi, per circa un milione di franchi”.

Complici questi prelievi, “Ipus è stata dissanguata, letteralmente saccheggiata”. Per la truffa ai danni degli studenti, “che non chiedevano altro che un diploma per lavorare e per ottenerlo hanno pagato”, il “dolo è pacifico”: avessero indicato da subito che Ipus non avrebbe rilasciato una laurea ma unicamente un attestato di partecipazione “gli studenti non sarebbero arrivati”.

Nel pomeriggio la parola passerà agli avvocati Sandra Xavier e Stefano Pizzola.

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