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Covid-19, ‘una sofferenza che non va rinnegata’

Attivata la linea telefonica della Clinica Santa Croce di Orselina. La direttrice sanitaria: “Importante condividere il proprio malessere”

Soli con se stessi
(Ti-Press)

Condividere il proprio malessere per non lasciarsi andare, si direbbe canonicamente. Ma, in questa circostanza, sarebbe più corretto e opportuno scrivere che è importante condividere il proprio malessere per lasciarsi andare.

Sotto questi auspici la Clinica Santa Croce di Orselina ha attivato un servizio telefonico d'aiuto psicologico contro il Covid-19. Il numero è lo 091 735 41 38 ed è attivo, dal 1. aprile, dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 17.

In un periodo come questo, dove si è costantemente sotto tiro dalla pandemia, dalla paura di ammalarsi, dallo stress causato dal repentino cambio di abitudini, dall'isolamento forzato o dal lutto, è importante capire che la sofferenza e il disagio che si provano o si possono provare, sono un processo naturale, come lo è confidarsi.
«In caso di necessità ci si può mettere in contatto con il personale della Clinica tramite una linea dedicata, e condividere il proprio disagio ed individuare, se necessario, le modalità più efficaci per un percorso di cura. Il servizio era già presente e ora abbiamo deciso di potenziarlo per via del notevole aumento delle chiamate, fatte per se stessi, ma anche per aiutare altre persone della cerchia familiare», afferma la direttrice sanitaria e primario Sara Fumagalli. Che continua: «Tengo a sottolineare però che non è sostitutivo ad altre categorie di professionisti, come medici di famiglia, psicologi o psichiatri, ma un contributo in più in termini quantitativi ma soprattutto qualitativi. Lavoriamo con e per il territorio».

Ansia, insonnia, solitudine: le mille facce della sofferenza

L’isolamento e le preoccupazioni dovute alla situazione straordinaria in cui stiamo vivendo stanno facendo emergere molti nuovi casi di persone con disturbi, quali ad esempio ansia, insonnia, spossatezza, depressione, senso di solitudine e di abbandono. Tutti ostacoli che, come detto in precedenza, fanno parte del ciclo vitale di una persona. Ma quando sono passeggeri e quando, invece, nascondono qualcosa di più? «Un disagio è un disagio, e come tale deve essere sempre preso in considerazione. Un primo campanello d'allarme è quando ci si accorge di non essere più se stessi. Ci sentiamo di vestire i panni di qualcuno altro, di comportarci in modo diverso da prima – spiega la dottoressa Fumagalli –. Il secondo campanello, invece, concerne le alterazioni delle nostre abitudini; quindi avere il sonno disturbato, avere problemi nel concentrarsi, essere spesso nervosi e stressati, constatare un cambio repentino nell'alimentazione, oppure ancora riscontrare un peggioramento nel rapportarsi coi propri affetti». E, fra le mille facce di una sofferenza che ha colpito duramente la popolazione, si aggiungono anche altre tipologie cliniche, come la depressione.

Depressione: i giovani i più colpiti

L’Università di Basilea ha condotto uno studio, denominato Swiss Corona Stress Study, sugli effetti emotivi e mentali causati dal virus, con un campione di oltre 11mila persone provenienti da tutta la Svizzera.

L'ultimo sondaggio ha evidenziato che, rispetto alla scorsa primavera, tale condizione si è aggravata notevolmente. La percentuale di persone con sintomi depressivi gravi, durante il lockdown di aprile, era di circa il 9%, mentre a novembre è raddoppiata al 18%. La Romandia risulta l'area più esposta, a seguire la Svizzera tedesca e il Ticino. Particolarmente colpiti sono state le persone che hanno subito perdite finanziarie a causa della pandemia, nonché i giovani. Di quest'ultima categoria si attesta che tra i teenagers (14-24 anni) la percentuale di sintomi depressivi gravi è aumentata addirittura del 29%, mentre nella fascia dai 25 ai 34 anni del 21%.

«Molti genitori preoccupati ci hanno contattati dicendoci che non riuscivano più a riconoscere i propri figli. Il malessere nei giovani passa nel voler ricercare l’isolamento, la ribellione, l’aggressività e, nei casi più gravi, anche l’autolesionismo. Gli adolescenti vivono di due “punti certi”: la scuola e le relazioni sociali. Questa alterazione così radicale delle loro abitudini e l'impossibilità – protratta nel tempo – di recarsi nel proprio luogo di studio e di incontrare affetti e amici, ha creato un tracollo emotivo e mentale», considera Fumagalli.

A conferma di ciò vi è anche l'analisi empirica del numero di nuovi pazienti che si rivolgono alla Clinica Santa Croce per un supporto professionale al primo esordio, e quelli che hanno avuto una recrudescenza di patologie pregresse: «Abbiamo riscontrato un forte aumento delle telefonate aspecifiche, ovvero persone che ci contattano per avere consigli, delucidazioni oppure, semplicemente, per sfogarsi – nota la direttrice sanitaria –. In passato avevamo una casistica precisa; oggi, una popolazione che condivide un malessere generale sì, ma che varia da soggetto a soggetto. Io tenderei però a non parlare di quanti, ma delle peculiarità del disagio».

Star male è normale

Oggi si stanno facendo molti passi avanti riguardo alla “normalizzazione” del malessere e del dolore. Nonostante questo, però, ancora per molti confidare i proprio disturbi emotivi e mentali resta un tabù. Per sormontare quest’ostacolo, rimane importante rendersi conto che possiamo parlarne con gli altri, che siano essi specialisti, quindi personale medico, ma anche i propri cari, come parenti e amici.

«Viviamo in una società indolore, che ci ha abituati a rinnegare la sofferenza, la fragilità e l'insicurezza. Però fanno parte della nostra natura e, paradossalmente, il Covid ci ha messo di fronte al fatto che noi siamo anche questo. Non si vive solo di successi e nella vita capitano gli intoppi; capita di trovarsi nella situazione di non avere gli strumenti per “tirarsi su da solo”. Chiedere e avere bisogno di aiuto quindi è normale e il primo passo che possiamo fare, in primis per noi stessi, ma anche per abbattere questi tabù, è parlarne. Condividere il dolore è importante».

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