Locarnese

Tegna, il Patriziato ha una casa tutta sua

Inaugurata oggi la nuova sede dell'ente, ricavata nell'edificio che accoglieva il vecchio torchio. Oltre alla sala riunioni ospita l'archivio

31 marzo 2019
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Benvenuti nella dimora del Patriziato di Tegna. Con una breve cerimonia è stata ufficialmente presentata ieri alle famiglie originarie del paese e alla popolazione la nuova sede dell’ente. Ricavata nella costruzione che accoglieva l’antico torchio, grazie a una “corposa” (e azzeccata) ristrutturazione si presenta funzionale, elegante e in sinergia con il passato, per merito anche di un allestimento particolare che è dimostrazione di conoscenza e di conservazione del proprio territorio, oltre che di legame con le proprie radici. Nato come ente autonomo nel 1882, il Patriziato di Tegna – ricorda Mario De Rossa, segretario nonché memoria storica del paese – non disponeva, nei primi anni, di una propria sede. Fu solo nel 1936 che, in cambio di un prestito di denaro al Comune di Tegna con il quale finanziare la nuova ala del palazzo amministrativo, l’ente oggi presieduto da Adriano Gilà ottenne, quale contropartita, il diritto di usufruire di una sala per l’Amministrazione e l’uso del salone comunale per le assemblee, nello stesso edificio. Così si è andati avanti fino a qualche anno fa quando, sotto l’input dello scomparso Giampiero Orsi, per decenni membro dell’Amministrazione patriziale, si iniziò a valutare la costruzione, in proprio, di una sede. L’occasione è arrivata di lì a poco, quando a seguito della riorganizzazione dei servizi alla cittadinanza decisa dal Municipio, lo stesso ha espresso il desiderio di trasferire da Cavigliano a Tegna la sede dell’Ufficio tecnico. Il Patriziato a quel punto ha ritenuto opportuno cedere i diritti delle due sale occupate per farsi dare, in cambio, la vecchia stalla che accoglieva, appunto, i resti del torchio (oltre a un sussidio per il rifacimento del tetto, rigorosamente in piode essendo la costruzione collocata nel nucleo, a ridosso della chiesa). Un edificio di proprietà del Comune, privo di destinazione e alquanto malridotto. Raggiunto un accordo, si è così potuto avviare il cantiere. Il progetto è stato allestito inizialmente dall’architetto e ideatore Giampiero Orsi (al quale la sala è stata intitolata su decisione dell’assemblea patriziale dello scorso 16 dicembre) e, alla sua morte, curato dal figlio Claudio. Particolare curioso, durante lo scavo per la soletta sono venute alla luce alcune componenti del vecchio torchio: un pedicone posteriore e un elemento del pedicone base del montante. Uno dei due manufatti, un pesante macigno, è stato “racchiuso” in una sorta di sarcofago di vetro trasparente illuminato e fa bella mostra di sé sotto il pavimento della sala, in grado di accogliere una ventina di persone. Completano gli spazi un soppalco che accoglierà l’archivio dell’ente e i servizi igienici.