Locarnese

'Il mio Zwingli in un libro'

In una pubblicazione il lavoro svolto dal fotografo di scena locarnese Aliocha Merker sul set del 'kolossal' svizzero di Stefan Haupt

(Aliocha Merker)
29 gennaio 2019
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Ha “firma” locarnese, un libro fotografico con le migliori immagini tratte dalla produzione cinematografica svizzera più importante di sempre. Parliamo di “Zwingli”, film di Stefan Haupt costato 6 milioni di franchi, attualmente nelle sale elvetiche; e di Aliocha Merker, fotografo di scena il cui lavoro particolarmente brillante ha spinto la produzione (C-Films) a trarne una pubblicazione di indubbio pregio.

Il film racconta le gesta di Ulrich Zwingli (interpretato da Max Simonischek), teologo sangallese che nel ‘500 fu tra i fondatori delle Chiese riformate. Il contesto è quello medievale, che nel film viene reso con grande efficacia riprendendo con notevole dispendio di mezzi le particolari ambientazioni e naturalmente i costumi dell’epoca.

Su queste basi ha potuto muoversi Aliocha, classe 1971, locarnese di nascita (anche se oggi abita e lavora fra Zurigo e Roma), formatosi al Centro internazionale di fotografia di New York e successivamente lavorando nello studio di Annie Leibovitz, prima di darsi alla fotografia di scena in una moltitudine di produzioni svizzere ed estere. Le foto scattate sul set di “Zwingli”, tutte in bianco e nero, sono immagini di grande efficacia narrativa e di una qualità tale da giustificare la realizzazione di un libro.

«Qualche parola la merita il lavoro svolto sul set – premette Aliocha –: un lavoro tutt’altro che “di routine”. Le riprese sono iniziate nel Grossmünster di Zurigo, trasformato in ciò che era nel periodo cattolico, con tutta una serie di accorgimenti che ti catapultavano letteralmente nel ‘500. Ugualmente affascinante è stato lavorare nell’antico duomo adattato al periodo protestante: cambiamenti di contesto radicali, che ci hanno toccati tutti molto profondamente, anche dal profilo emotivo».

Condizioni ‘estreme’

Notevole, anche, l’ambientazione a Stein-am-Rhein, il borgo medievale che la produzione ha scelto per rendere al meglio la Zurigo di 500 anni fa: «Un museo a cielo aperto – dice Merker –, che è stato risistemato per l’occasione con grande efficacia». Insomma, trasportato nell’epoca buia e confrontato a condizioni atmosferiche estreme («siamo scesi fino a 15 gradi sotto zero e spesso si lavorava sotto la neve») Aliocha è riuscito a dare il meglio del suo “repertorio”, realizzando una galleria di immagini di alto livello. «Merito anche dell’approccio del regista alla “crew”: un approccio iper-rilassato, nonostante le enormi pressioni produttive», puntualizza il fotografo.

Comunque, continua, «come sempre faccio a fine set, ho raccolto le foto e le ho inviate alla “crew”. Il lavoro è piaciuto talmente tanto a tutti, primi fra tutti Stefan Haupt e la produttrice Anne Walser, che ne è immediatamente nata l’idea di un libro. C’erano resisitenze dal profilo economico, ma la produzione è riuscita a finanziare non soltanto il libro, ma anche un’esposizione di ritratti (realizzati sul set, ma non contenuti nella pubblicazione) da Photobastei a Zurigo (31 gennaio-17 febbraio). D’altra parte con il libro, che foto ne contiene oltre 150, viene promosso anche il film, e lo stesso succederà grazie alla mostra».

In conclusione, Aliocha Merker esprime «grande soddisfazione per il risultato, che è di ottimo livello anche grazie allo straordinario lavoro svolto da una “graphic designer” che vive a Brasilia. Il film passa (e speriamo abbia successo, naturalmente), l’esperienza rimane nel bagaglio di tutti quelli che vi hanno partecipato; ma il libro, oggetto tangibile, rimane nel tempo».

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