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Per le zone 20 ‘coinvolgere le associazioni di quartiere’

Bellinzona: il consigliere comunale Alberto Casari torna sulla sua mozione bocciata a inizio mese e segnala gli esempi virtuosi di Berna e Basilea

L’entrata al Borghetto di Giubiasco
(Ti-Press)
17 febbraio 2025
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Tema sempre caldo quello della viabilità nei centri abitati. A Lugano un credito di 1,4 milioni per alcune nuove Zone 20 e 30 è stato votato a sorpresa la scorsa settimana dal Consiglio comunale, ma sarà osteggiato da un referendum di Lega e Udc. A Locarno i commercianti hanno raccolto oltre mille firme contro la decisione municipale di sperimentare una nuova gestione della viabilità per eliminare il traffico parassitario dalla Città Vecchia. Quanto a Bellinzona, il legislativo ha respinto con 38 no e 20 sì la mozione di Alberto Casari (Unità di sinistra) che chiedeva uno studio per definire dove poter inserire nuove zone 20 nei tredici quartieri. La maggioranza del plenum ha di fatto condiviso l’opinione municipale secondo cui quasi tutte le aree residenziali già dispongono di zone 30, mentre le zone 20 richiedono interventi infrastrutturali significativi e il rispetto di condizioni restrittive che ne rendono la realizzazione complessa e dispendiosa. ‘Esemplare’ a tal riguardo il caso di Piazza Governo, la cui zona 20 promossa dalla Città non decolla a causa di più ricorsi, in particolare contrari all’eliminazione di una dozzina di stalli.

‘Resistenza ai cambiamenti’

Casari in Cc ha cercato, invano, di difendere la mozione con un intervento approfondito e preciso. Oggi, ricordando l’acceso dibattito di vent’anni or sono sulla pedonalizzazione del centro storico, e alla luce delle odierne levate di scudi in più parti del Ticino, gli chiediamo di rimotivare la sua idea. Perché, presto o tardi, potrebbe tornare sui banchi della politica. «Bellinzona – premette – tanto nel suo nucleo storico quanto nella sua parte più moderna, ha sempre mostrato una certa resistenza ai cambiamenti legati alla limitazione della mobilità veicolare privata. Un esempio emblematico è il lungo processo che ha portato alla pedonalizzazione del centro storico. Per anni l’Unità di sinistra è stata l’unica forza politica a sostenere questa misura, ma il tempo ha fatto il suo corso, al punto che oggi nessuno metterebbe in discussione la chiusura al traffico del centro». Lo stesso percorso, prosegue Casari, si è ripetuto per le zone 30. Una prima mozione, presentata da lui stesso insieme a Paolo Buletti a metà degli anni 90, aveva portato alla creazione di zone 30 sperimentali. «Tuttavia, mentre altre città e comuni nei dintorni di Bellinzona ampliavano queste zone, qui il processo è stato fermo per lungo tempo. Solo grazie a una seconda mozione, presentata nel 2012 da Alice Croce Mattei del Ppd e votata dal Cc l’anno dopo, è stato possibile sbloccare l’espansione delle zone 30». A beneficiarne sei, fra strade e quartieri, della vecchia Bellinzona.

Due capitali a confronto: qui 10, là 150

E oggi? Come mai il tema raccoglie meno consensi alle nostre latitudini? «In effetti in molte città al di fuori del Ticino, come Berna e Basilea, la quasi totalità delle strade di quartiere è caratterizzata da limiti di 20 km/h», evidenzia Alberto Casari: «Si tratta di vere e proprie zone di incontro dove la sicurezza dei pedoni è una priorità. Un cambiamento di grande rilevanza, poiché nelle zone 20 la precedenza viene data agli utenti più vulnerabili della strada, come appunto i pedoni. La città di Berna, con una superficie di 51,6 km², conta ben 150 piccole zone di incontro a 20 km/h. Bellinzona, con i suoi 164,2 km², non arriva nemmeno a dieci. L’approccio alla mobilità dolce è dunque profondamente diverso: Berna pone l’accento sulla protezione degli utenti deboli della strada, Bellinzona sembra non voler fare altrettanto».

C’è voluto un investimento

Il tema infatti arranca, anche laddove la strada potrebbe apparire in discesa. «Un esempio lampante di questa differenza si è avuto a Giubiasco, in Cima Piazza. Quando in passato ho chiesto spiegazioni sull’assenza di una zona 20, la risposta del Municipio è stata, come al solito, che non era possibile. Poi, qualche tempo dopo, si è verificato un incidente: un bambino è stato investito da un’auto. Dopo una tempestiva e giustificata seconda interpellanza da parte di Alessandro Minotti e Manuel Donati, Cima Piazza è stata finalmente trasformata in zona 20. Sebbene la situazione si sia risolta positivamente, ci si può chiedere se non sarebbe stato meglio agire prima».

‘Ottimo strumento per coinvolgerle’

A ogni modo il tema fa sempre discutere, sul piano locale. Crede sia possibile incanalare il dibattito e le suggestioni in un contesto più concreto? «In effetti il Municipio della nuova Bellinzona ha voluto fortemente le associazioni di quartiere. Le zone 20 potrebbero essere un ottimo strumento per coinvolgerle». Un esempio virtuoso, ancora una volta, arriva da Oltralpe: «Come indicato sul sito Rue de l’Avenir Svizzera (www.rue-avenir.ch), citando esempi di Berna e Basilea, la capitale svizzera ha introdotto un sistema di creazione delle zone 20 ‘su richiesta’. L’iter prevede che l’associazione di quartiere faccia da referente, organizzi almeno due riunioni pubbliche e ottenga la firma della maggioranza degli abitanti del quartiere. Il budget annuale è di 20’000 franchi per ogni zona, con un massimo di 100’000 per cinque zone. L’intero processo deve durare al massimo 18 mesi. Gli abitanti possono contribuire aggiungendo fioriere, di cui si occupano personalmente (cura, annaffiatura, potatura), oppure posizionando mobili da strada leggeri, ad esempio panchine e tavoli, o creando zone di gioco con elementi ludici mobili».

Altri atti parlamentari

Una questione, par di capire, di mentalità. Ma a fare la differenza è anche la disponibilità di spazio, che nei nuclei ticinesi non abbonda. «In effetti – conclude Alberto Casari – molte delle nostre strade di quartiere sono prive di marciapiedi, e in alcuni casi il calibro delle strade è così ridotto che il passaggio di un’auto e di un pedone è difficoltoso. Tuttavia, rimaniamo fiduciosi. È solo una questione di tempo: la libertà di movimento non riguarda soltanto gli automobilisti, ma anche i pedoni. Con ulteriori atti parlamentari, cercheremo di sensibilizzare maggiormente la politica in merito a questa importante tematica».

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