Bellinzonese

Delitto di Monte Carasso, da oggi marito e moglie a processo

Lui reoconfesso dopo essersi rivolto a un prete, lei nega di averlo istigato. Vittima l'ex moglie, uccisa per soldi nel luglio 2016

Ti-Press
8 aprile 2019
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Reoconfesso, un 49enne comparirà da oggi e per un paio di giorni in tribunale a Lugano per rispondere dell'assassinio dell'ex moglie da lui compiuto il 19 luglio 2016 a Monte Carasso dove la donna abitava da sola dopo il divorzio. Alla sbarra, di fronte alla Corte delle assise criminali presiedute dal giudice Amos Pagnamenta, seduta accanto all'imputato ci sarà anche nuova consorte, una 39enne di origine russa anch'essa accusata di assassinio per aver istigato il marito. A coordinare l'inchiesta la procuratrice pubblica Chiara Borelli; al banco dei difensori gli avvocati Pietro Croce e Yasar Ravi. Mentre l'uomo, come detto, ammette le proprie responsabilità – lo aveva fatto la prima volta due anni dopo l'uccisione chiedendo sostegno morale a un sacerdote che gli aveva consigliato di consegnarsi alla giustizia – per contro la co-imputata respinge le accuse mossele. Agli agenti intervenuti sul luogo del decesso, la scena appariva come quella tipica di un suicidio. Invece quel 19 luglio dapprima l'imputato – recatosi in visita con una bottiglia di vino – l'ha stordita facendola bere e le ha poi manipolato il collo per farle perdere i sensi senza lasciare tracce sulla cute; trasferitala dal salotto alla camera da letto, le ha quindi tagliato le vene inscenando il suicidio, giustificabile con i problemi depressivi di cui soffriva la vittima. Il movente della coppia: evitare di versarle gli alimenti pari a 3'400 franchi mensili che nel giugno 2016 il pretore aveva deciso di trattenere dal salario del 49enne nell'ambito della procedura di divorzio. Quel giorno, nello zaino, insieme alla bottiglia di vino l'imputato aveva infilato guanti di lattice, taglierino, stracci e prodotti di pulizia per eliminare ogni traccia della sua presenza sulla scena del crimine. Quindi la sera, tornato a casa propria, nel camino esterno ha bruciato lo zaino; il giorno successivo la nuova moglie ha fatto lo stesso con i vestiti. Aperta l'inchiesta nell'estate 2016, la polizia non era stata in grado di rilevare elementi concreti che potessero smentire la tesi del suicidio. Un piano quasi perfetto, che ha retto alle indagini per quasi due anni, se non fosse stato per i rimorsi e per il consiglio dato da un prete di periferia.

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