
Tempi duri per la mortadella. Almeno per quella tradizionale composta da fegato crudo di suino. Il convegno annuale di epatologia, organizzato da Fondazione Epatocentro di Lugano, riporrà l’accento proprio sulla questione dei casi di epatite E legati al consumo del noto salume nostrano registrati in Ticino dall’inizio del 2016 (almeno 160 secondo lo stesso Epatocentro). La forma del virus causata dai genotipi 3 e 4 è una zoonosi, cioè si trasmette dagli animali alle persone, la cui esposizione principale avviene attraverso il consumo di alimenti di origine suina, in particolare prodotti di carne contenenti fegato crudo, come appunto la mortadella tradizionale. Una problematica che ad aprile scorso aveva indotto il Dss, tramite il laboratorio cantonale, a chinarsi sulla questione: dai test effettuati su un totale di 37 mortadelle di fegato crudo di suino, 8 erano risultate infette. Il 22%. Quasi un quarto del totale.
Preso atto della preoccupante statistica, il Dipartimento della sanità e della socialità aveva suggerito ai macellai ticinesi delle direttive al fine di far fronte alla problematica. Attualmente i commercianti dispongono di alcune opzioni: scegliere se fare analizzare un lotto di fegato di maiale crudo prima della produzione, vendere mortadelle da cuocere o già cotte, oppure utilizzare fegato di vitello o bovino. «Sono due le vie adottate dai nostri affiliati – ci spiega Jörg Erich, direttore dell’Associazione mastri macellai salumieri Ticino e Mesolcina (Amms) – la maggior parte rinuncia alla produzione oppure utilizza fegato di bovino o di vitello. Mentre solo pochi hanno optato per la scelta di fare analizzare una partita di fegato che, una volta risultata idonea, viene congelata per l’utilizzo. Lo fanno soprattutto i grandi commercianti, perché non si possono fare delle analisi simili solamente per due o tre chilogrammi di fegato. Di conseguenza, i piccoli produttori sono un po’ tagliati fuori».
Un’altra opzione adottata da alcuni macellai è quella di eliminare dalla produzione ogni tipo di fegato. «Nonostante sia presente in piccole dosi – continua Erich –, è chiaro che il consumatore si accorge se mangia una mortadella prodotta senza l’utilizzo di alcun tipo di fegato. In effetti si tratta dell’ingrediente che dà quel sapore particolare al salume». Più apprezzata dal consumatore è invece la scelta di sostituire il suino. «Se si usa fegato di bovino o di vitello (più raro perché maggiormente costoso, ndr) il gusto è praticamente identico a quello delle mortadelle prodotte con il maiale».
Nuovi ingredienti e, fortunatamente, gusti noti. La produzione differente non sembra aver scoraggiato gli amanti del noto salume nostrano. «Dalle informazioni in nostro possesso, la vendita di mortadelle degli affiliati procede praticamente come prima. È logico che ci sia dispiacere tra i macellai, perché la mortadella classica è una specialità molto amata in Ticino. Detto questo la richiesta c’è ancora – conclude Erich –: chi ama la mortadella andrà avanti a mangiarla, anche se fatta con fegato di bovino».