
Accordo tacito, senza votazione, questo pomeriggio al Consiglio nazionale per il postulato che chiede l’adesione della Svizzera al programma Ecris in fase di sperimentazione all’interno dell’Unione europea, così come proposto dalla Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale. Un progetto, in buona sostanza, che dovrebbe «almeno parzialmente soddisfare la richiesta espressa dal Canton Ticino» come ha affermato sempre ieri in aula il relatore commissionale Marco Romano, popolare democratico ticinese. Certo, il parlamento cantonale che si riunisce a Bellinzona ha accolto due iniziative inviate all’attenzione, appunto, delle Camere federali dove si chiede una base legale che permetta la richiesta sistematica del casellario giudiziale ai cittadini Ue che chiedono il permesso di dimora (B) in Svizzera o per lo statuto di frontaliere (G). Un’esigenza, ha ricordato Romano ai colleghi a nome della commissione – «che propone questo postulato all’unanimità» – data da ragioni di sicurezza e sostenuta da una petizione firmata da quasi 13mila cittadini. L’autocertificazione, ha aggiunto il consigliere nazionale del Ppd, non basta perché gli interessati non hanno interesse a dichiarare le pendenze. Insomma, «la rilevanza in materia di sicurezza è conclamata» ha affermato Romano. Dopodiché iniziano i “dolori”. Secondo le perizie del caso, per accogliere le richieste ticinesi va modificata la legge sugli stranieri che cozzerebbe con la libera circolazione delle persone e non è tempo per cercare un accordo su questi temi con l’Ue. «Occorre essere realisti» ha precisato il consigliere nazionale ticinese.