Il professore della Facoltà di teologia di Lugano è stato accusato di discriminazione contro gli omosessuali per un articolo pubblicato nel 2021
È una piccola folla vestita di abiti talari, quella che questo pomeriggio si è ritrovata fuori dall’aula della Pretura penale di Bellinzona. Questo perché, l’imputato del processo, era il professore e teologo Manfred Hauke, della Facoltà di Teologia di Lugano (Ftl), affiliata all’Usi, su cui pendono le imputazioni di discriminazione e incitamento all’odio contro la comunità omosessuale. L’accusa nasce dalla pubblicazione, nel 2021, di un articolo sulla rivista bimestrale ‘Theologisches’ – di cui Hauke è editore –, scritto dal teologo polacco Dariusz Oko, in cui vengono espresse, secondo la procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis, idee di disprezzo nei confronti della comunità omosessuale, in particolare di quella occupante ruoli ecclesiastici. Nei confronti di Hauke, la pp – assente al dibattimento – ha richiesto una pena pecuniaria di 9’450 franchi, sospesa per due anni, oltre a una multa di 1’800 franchi.
L’intervento di Oko, pubblicato in due parti sul bimestrale, non è la sua prima presa di posizione contro i preti omosessuali, dato che in passato aveva già pubblicato un libro intitolato ‘La mafia lavanda’, e lo stesso articolo incriminato portava il titolo ‘Della necessità di arginare le cricche omosessuali nella Chiesa’. Come riconosciuto in aula anche dal difensore di Hauke, l’avvocato Luigi Mattei, i toni usati dal teologo polacco sono spesso rabbiosi e sopra le righe, riferendosi a più ripreso a una “mafia gay”, e indicando la suddetta mafia come un “parassita privo di scrupoli, un cancro che non esita ad ammazzare il suo ospite, succhiarne fino all’ultima risorsa, fino all’ultima scorta, allo scopo di assicurarsi una comoda esistenza”. Parole forti, che hanno portato alla denuncia nei confronti del professore luganese da parte di Pink Cross, la federazione svizzera per uomini gay e bisessuali.
Nel frattempo, il 20 maggio 2022, il tribunale distrettuale di Colonia in Germania, ha archiviato il procedimento penale nei confronti di Oko e Johannes Stöhr (caporedattore della rivista), entrambi a processo per le stesse imputazioni di Hauke. Nei loro confronti, è stata tuttavia inflitta una multa di circa 4mila euro a testa.
Interpellato dalla presidente della Corte Petra Vanoni, l’imputato – dichiaratosi innocente – ha spiegato di essersi opposto al decreto d’accusa, in quanto questo «riporta le citazioni estraendole dal loro contesto». Secondo quanto sostenuto dal teologo e dal suo difensore, la tesi dell’articolo non è un attacco nei confronti della comunità gay, ma è rivolto alla supposta ‘lobby’ di personalità ecclesiastiche omosessuali, che agirebbero con modalità criminose all’interno, come una mafia appunto, portando agli abusi di pedofilia emersi negli ultimi decenni. Una delle citazioni contenute nel decreto d’accusa infatti, riferisce che “circa il 20% degli omosessuali ha una predilezione efebofila (l’attrazione di un adulto verso un adolescente ndr.) o pederastica”. La statistica si baserebbe, secondo Mattei, «su fonti scientifiche», e avrebbe come scopo unicamente il denunciare il sempre più crescente problema degli abusi, e non discriminare i gay.
Anche le parole forti, che si potrebbero anche definire insulti, non sono rivolti agli omosessuali, ma a questa mafia. Si tratterebbe dunque «di un grido di rabbia. È vero che il linguaggio non è professorale, senza il distacco che ci si aspetta da un uomo di scienza, ma esprime rabbia di un uomo scandalizzato per quello che avviene all’interno della Chiesa. Ma rimane un testo scientifico, con un filo logico, e numerosi riferimenti, citazioni e note, pubblicato su una rivista teologica per gli addetti ai lavori».
In quanto editore della rivista, Hauke potrebbe essere accusato di incitamento all’odio solo nel caso in cui all’articolo fosse riconosciuta l’intenzione di ledere, cosa che l’imputato contesta.
Concluso il dibattimento, l’Usi ha diffuso un comunicato in cui viene annunciata la creazione di una Commissione speciale per occuparsi del caso. “L’Usi – si legge nella nota – non è implicata nel processo legale in corso, ciononostante, e pur non avendo il professor Hauke un rapporto contrattuale con Usi, il Rettorato ha già attivato una Commissione ad hoc, alla quale chiederà di determinare se il comportamento del professor Hauke abbia violato i principi fondamentali dell’università e il suo Codice etico (in collaborazione con il Comitato etico di Ftl)”.
“La libertà accademica è un valore fondamentale per l’università, ma questa libertà non si declina in frasi o atti discriminatori ed offensivi – sottolinea nel testo la rettrice dell’Usi Luisa Lambertini –. Abbiamo un Codice etico da settembre 2023, è uno strumento prezioso: il Rettorato ha chiesto alla Commissione ad hoc di determinare se il comportamento del professor Hauke e il suo ruolo nella diffusione di determinati messaggi abbiano violato i principi che ci siamo dati come comunità universitaria.”