Il consigliere di Stato si starebbe comportando con i suoi collaboratori nello stesso modo arrogante che fu uno dei motivi per cui perse il posto nel 2020
Rieletto ad aprile dell’anno scorso con un cospicuo pacchetto di voti, nonostante fosse stato destituito con disonore nella precedente legislatura, il consigliere di Stato ginevrino Pierre Maudet è di nuovo nella bufera. Nel suo Dipartimento, quello della sanità e della mobilità, intende infatti tagliare il 5% del personale, come pure far ruotare un altro 5%. La notizia è stata rivelata da Le Temps, secondo il quale il consigliere di Stato redivivo si starebbe comportando con i suoi collaboratori nello stesso modo arrogante che fu uno dei motivi per cui perse il posto nel 2020. L’altro motivo fu un viaggio ad Abu Dhabi, offerto a lui e alla sua famiglia, da un imprenditore libanese suo amico. Ma più che quella vicenda furono le risultanze di un’inchiesta affidata a un ex giudice federale, Jean Fonjallaz, a mettere all’angolo Pierre Maudet. Allora responsabile liberale del Dipartimento ginevrino dello sviluppo economico, venne accusato, tra l’altro, per il “carattere autoritario” che lo portò a instaurare un clima di terrore tra i suoi collaboratori. Impietosamente, l’ex giudice Fonjallaz gli rimproverò di aver dato prova di un dirigismo retrogrado. Roba da “padrone delle ferriere”, volendo evocare una figura retorica più consona al settore privato che a quello pubblico.
Per una parte dell’elettorato, invece, Pierre Maudet altro non ha fatto se non mettere al loro posto i funzionari fannulloni. Ed è verosimilmente con questa motivazione che alle elezioni cantonali di quasi nove mesi fa, nonostante fosse praticamente un senza partito dopo essere uscito da quello liberale, ha ottenuto oltre 48mila voti ed è ritornato, trionfalmente, in governo.
Caricato dal successo elettorale sembra non abbia neppure tentato di imbastire una parvenza di luna di miele con i nuovi collaboratori. Via, dunque, ai vecchi metodi per nulla concilianti, tanto che un funzionario ha dichiarato che “stiamo vivendo il clima descritto dal rapporto Fonjallaz”. “Maudet – si può leggere in un’altra testimonianza – non sa interagire con le persone ed è incapace di riconoscere il lavoro degli altri”. Forse chi si lamenta rimpiange il savoir faire e la bonomia del suo predecessore, Mauro Poggia, nel frattempo approdato al Consiglio degli Stati.
Questa volta, però, memore di quanto gli sia costato un comportamento analogo in passato, il 45enne Maudet ha mangiato la foglia. Prima che i suoi colleghi di governo decidano di riaprire un’inchiesta su di lui, ha giocato d’anticipo annunciando l’intenzione di lanciare un’indagine presso tutti i propri collaboratori, per sondarne il grado di soddisfazione. Ma non si sa a chi sia stata affidata e neppure quando saranno noti i risultati. Così, quelli che gli rimproverano di essere “maleducato e irrispettoso” rimangono in una sorta di limbo, nella vana attesa che le loro lamentele trovino un interlocutore. E tutto sommato è ancora una fortuna che lo “stile Maudet” sia confinato al Canton Ginevra. Proviamo a pensare alle conseguenze di un suo ipotetico e mai avvenuto ingresso in Consiglio federale nel 2017 quando, ancora considerato un enfant prodige della politica svizzera, tentò il colpo di soffiare il seggio a Ignazio Cassis. Cassis che, nonostante una votazione poco entusiasmante, ha impedito a Maudet un danno reputazionale di ampia portata, con inevitabili ricadute negative sull’immagine della Svizzera all’estero.