Frustrazione e impotenza, sono questi i sentimenti che provo quando ripetutamente sento certe cifre e certi fatti e mi confronto con gli operatori di diversi servizi in ambito socio-educativo estenuati dai propri limiti. Di cosa parlo? Parlo ad esempio del crescente numero di giovani minori che devono essere collocati o seguiti e non trovano il servizio adeguato nella propria regione, se non addirittura nel Cantone. Ad esempio ragazzi del Locarnese che devono essere tolti dal proprio nucleo familiare e che per mancanza di strutture nella regione vengono collocati (se hanno fortuna) nel Sottoceneri e si vedono così costretti anche a perdere la propria cerchia di amici, compagni, docenti o addirittura che pur di mantenere questo legame si devono spostare quotidianamente da una parte all’altra del Cantone. Poi ci sono ragazzi che il posto di collocamento o il servizio di sostegno adeguato non lo trovano per anni e rimangono in liste d’attesa venendo sballottati da un servizio provvisorio all’altro, senza proporre loro quello che veramente hanno bisogno: supporto e punti di riferimento stabili e chiari. Ma parlo anche di servizi al limite delle proprie risorse: Uffici dell’aiuto e della protezione i cui tutori ed educatori riescono a seguire i propri utenti spesso solo una volta al mese, ad andare bene; Servizi medici psicologici che hanno lunghi termini d’attesa e che non possono permettersi un servizio a domicilio, quando sappiamo che sempre di più molti giovani vivono un isolamento sociale e si rinchiudono in casa; punti d’incontro (gestiti per altro da lodevoli fondazioni o associazioni con tanto lavoro di volontariato) che a causa degli insufficienti sussidi cantonali offrono un servizio limitato e con la messa a rischio dei propri operatori, costringendo così genitori e bambini separati a lunghe attese per potersi incontrare e causando difficoltà gestionali, perché il singolo operatore riconosciuto dal Cantone per ogni punto d’incontro (e solo al 50%...) si trova a dover gestire liti da solo senza il supporto di un secondo collega. E in realtà potrei continuare la lista dei servizi cantonali o sussidiati che fanno un lavoro lodevolissimo e più che mai necessario ma che si vedono costretti a farlo solo in parte, in maniera non capillare, con lunghi tempi d’attesa per l’utenza e frustrazione per gli operatori.
In tutto questo mi chiedo: ma il Cantone dov’è? Com’è possibile far finta di niente? Perché non si parla di queste cifre e questi fatti e perché si accettano ulteriori tagli? Ma davvero i cittadini più fragili e in particolare i nostri giovani non hanno un valore da meritare l’investimento nei giusti servizi? Davvero si crede di poter risparmiare così? Oppure si è semplicemente coscienti che tutto ciò significa rimandare il problema al futuro, a quella futura generazione che di problemi ne avrà già anche di altra entità (crisi climatiche, ambientali, migratorie, rapporti internazionali fragili ecc.), e si cerca quindi di nascondere i problemi sotto il tappeto, come se fossero polvere.
Ma non sono polvere. Sono i nostri giovani, le nostre famiglie, potremmo essere noi. Quindi parliamone e affrontiamo seriamente i problemi senza paura della contabilità, senza timore dell’opinione pubblica, con coraggio e lungimiranza, ammettendo le proprie lacune e impegnandoci ad ascoltare le necessità e a trovare soluzioni serie e lungimiranti.