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‘Servito a Zero’, l'ultimo atto sulla guerra di Gianluca Grossi

Fotoreporter, scrittore e sceneggiatore, il 26 novembre porta ad Ascona uno sguardo sulla vita e sui conflitti attraverso il personaggio di Ellis Trallen

‘Non ignorerò le guerre, ma non le lascerò più essere padrone della mia vita’
(G. Grossi)
24 novembre 2023
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Celebre per la sua carriera poliedrica da fotoreporter, scrittore e sceneggiatore, Gianluca Grossi gioca ancora con l'etichetta di ‘One man show’ che gli era stata scherzosamente affibbiata. Con ‘Servito a Zero’, in scena domenica 26 novembre al Teatro San Materno di Ascona – accompagnato da Danilo Boggini alla fisarmonica e Francesco Boggini alle percussioni – Grossi conferma la sua versatilità. La pièce rappresenta un'immersione profonda nella guerra e nell'esistenza stessa, guidata dal tormentato personaggio di Ellis Trallen, un fotoreporter che, con un atto di coraggio radicale, decide di eliminare il proprio archivio fotografico e cinematografico, affermando che il suo lavoro è stato inutile.

Gianluca Grossi enfatizza l'audacia di Ellis Trallen nel distruggere il proprio lavoro, definendolo un "sacrificio" che va oltre l'individuo. Con maestria, smonta pezzo dopo pezzo l'immagine idealizzata del fotoreporter stoico, mettendo in luce la vulnerabilità e l'umanità del protagonista, lontano dal romantico eroismo dell'immaginario collettivo. "Il protagonista distrugge questa immagine," spiega. "Lui grida che è un uomo a pezzi, che non c'è nulla di romantico, nulla di straordinario nella sua figura. Lo dimostra nell'istante in cui ammette, lasciando cadere tutti i veli, che è servito a zero, che ogni fotografia, scattata con l'intenzione di fermare la guerra, è servita a niente”.

Domande

In ‘Servito a Zero’, Grossi abbandona il reportage bellico per esplorare il concetto stesso di guerra, attraverso l’ossessione del personaggio che sfida i confini tra lucidità e follia, approfondendo il dubbio esistenziale sullo scopo della vita, tema già toccato nel suo romanzo ‘Infiniti Passi’ (Salvioni Edizioni, 2016), in cui il protagonista Alexander si interrogava sul senso del proprio mestiere di fotoreporter.

La pièce solleva domande taglienti, spingendo gli spettatori a riflettere sul significato dell’esistenza, proprio come fa Ellis Trallen: a che cosa siamo serviti? Una domanda che ci si pone spesso e che diventa una considerazione personale, trasformando gli spettatori in protagonisti di questa epopea moderna. Grossi tiene tra le dita il filo che lega tutte le nostre esperienze umane, rendendo quella domanda un’esperienza condivisibile: "Ciò che la gente affronta in una guerra è davvero uguale a ciò che affrontiamo noi nella vita," sostiene. “Se prendiamo situazioni o emozioni come la paura, l'odio, l'amore, la speranza, la disperazione, tutti noi nel corso della nostra affrontiamo queste situazioni.” La guerra, vista attraverso gli occhi del protagonista, è uno specchio delle emozioni umane che tutti affrontiamo, non un elemento estraneo, ma un aspetto intimamente connesso a noi, che viviamo ogni giorno. "Sono fermamente convinto che narrare la condizione umana all'interno della guerra possa rappresentare un approccio completamente nuovo. Fino a oggi, abbiamo dipinto la guerra come un evento che interessa gli altri e, fondamentalmente, coinvolge altre persone”.

Oltre l'inerzia e il senso di vuoto

Nonostante il titolo possa sembrare una condanna, ‘Servito a Zero’ offre una prospettiva sulla vita che va oltre l'inerzia e il senso di vuoto, mettendo gli spettatori di fronte a un bivio. “Le zavorre della nostra vita sono quello che ci fa alzare il giorno dopo con la voglia di tornare al lavoro”, afferma Grossi. “Quando riconosciamo che ciò potrebbe non avere alcun scopo, ci troviamo di fronte a una scelta: restare a letto o cominciare a raccontare l'essere umano da una prospettiva diversa. Non per ignorare ciò che si è visto e raccontato prima, ma con l'auspicio che affrontare l'umanità da questa prospettiva possa, un giorno, condurre tutti noi a concordare che la guerra è assolutamente insensata e che non dovrebbe più accadere”.

È evidente che, per Grossi, la vita è un'opera complessa in cui felicità e dolore sono due facce della stessa medaglia e l'essere umano deve imparare a superare la dicotomia senza esserne sopraffatto per poterne comprendere le sfumature. "La vita ci regala istanti bellissimi, basta andare in giro in città con gli occhi aperti e vedere cosa succede," confida. " Vedi tante cose, ma anche la bellezza della vita, che non è mai separata dalla fragilità e dalla possibilità che la violenza si scateni in qualsiasi istante”. Ed è questa la bellezza che richiede di essere raccontata dalle immagini e parole dei suoi lavori.

‘Servito a Zero’ rappresenta per Grossi il terzo atto del suo rapporto con la guerra, sui cui è pronto a calare il sipario. “Non ignorerò le guerre, ma non le lascerò più essere padrone della mia vita. Continuerò a scrivere, in particolare lo farò ancora di più dell'essere umano, ma dell'essere umano calato dentro condizioni diverse. Non più la guerra, ma altri tipi di relazione, dove forse la guerra è presente come metafora ma non più come realtà”.

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