Mendrisiotto

Tentato omicidio di Arzo: ‘Pena senza alcuno sconto’

I fatti dell'aprile 2019 ancora davanti alla Corte d'Appello e revisione penale. L'accusa chiede 6 anni e mezzo; la difesa un massimo di 3 anni e mezzo

I fatti sono avvenuti tra le mura domestiche
(Ti-Press/Pablo Gianinazzi)
26 marzo 2024
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Sono passati cinque anni, ma il verdetto sull'accusa di tentato omicidio intenzionale di Arzo che ha portato alla sbarra oggi un 39enne cittadino italiano non è ancora definitivo. Dopo ricorsi accolti e rinvii dell'incarto alla Corte d'Appello e revisione penale, quanto accaduto nell'abitazione di Arzo è stato nuovamente riesaminato dalla corte presieduta dal giudice Angelo Olgiati (a latere Chiarella Rei-Ferrari e Matteo Galante) chiamata a decidere, come stabilito nell'ottobre scorso dal Tribunale federale (Tf) di Losanna, sul reato di tentato omicidio intenzionale e sulla commisurazione della pena. La Corte delle Assise criminali di Mendrisio aveva condannato l'uomo a 6 anni e 6 mesi di carcere (oltre che a un trattamento ambulatoriale e a 5 anni di espulsione dalla Svizzera) per tentato omicidio intenzionale. Una sentenza ribaltata una prima volta in Appello: contro il proscioglimento dal reato principale (e alla riduzione della condanna a 3 anni e 6 mesi) il Ministero pubblico ha presentato ricorso a Losanna. Accogliendo l'opposizione, i giudici hanno annullato la condanna e rimandato l'incarto alla corte cantonale. Quest'ultima, con procedura scritta, ha ritenuto il 39enne colpevole di tentato omicidio intenzionale e confermato la condanna a 6 anni e mezzo. La massima corte ha in seguito accolto il ricorso presentato dall'imputato e annullato la sentenza, stabilendo la necessità di avere un dibattimento orale e non una procedura scritta. L'imputato ha però scelto di non partecipare all'udienza. Il suo legale, l'avvocato Giuseppe Gianella, ha chiesto «un salvacondotto per la durata del processo o una lista di domande a cui poter rispondere per iscritto». Richieste che la corte non ha concesso. «Siamo qui perché il Tf ha stabilito che il procedimento deve avvenire con procedura orale – ha spiegato il giudice –. La richiesta di avere delle domande scritte cozza con questa decisione». La sentenza sarà comunicata alle parti nelle prossime settimane.

Era l'11 aprile 2019

I fatti oggetti del procedimento risalgono all'11 aprile 2019. Stando a quanto ricostruito dall'inchiesta, quella mattina l'uomo ha percosso ripetutamente con calci e pugni la ex moglie e tentato di soffocarla tenendole la faccia premuta nella vasca da bagno che conteneva acqua e candeggina. L'azione si è poi spostata in salotto, dove l'uomo ha nuovamente sopraffatto la donna, stringendole il braccio intorno al collo facendole perdere i sensi. Tesi, quest'ultima, che l'imputato ha sempre contestato. Il difensore ha sollevato la questione pregiudiziale della violazione del principio ne ibis in idem: essendo stato l'uomo assolto in prima istanza dal reato di esposizione al pericolo della vita altrui, una condanna per tentato omicidio intenzionale non può entrare in considerazione proprio perché l'imputato ha già ottenuto il proscioglimento. La Corte ha rinviato il tema al giudizio di merito.

Confermata la richiesta dell'accusa

In assenza dell'imputato, è stato il suo avvocato a rispondere alle domande, formulate dalla procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis, in merito alle novità sulla situazione personale dell'uomo. Il 39enne oggi vive in Italia, si è risposato e tra qualche mese diventerà padre (dalla relazione con la ex moglie ha un figlio di 17 anni). «Non ci sono dubbi sul fatto che l'11 aprile abbia tentato per propria mano di uccidere sua moglie – sono state la parole della pp, che ha chiesto la conferma della condanna a 6 anni e 6 mesi –. L'allentamento della stretta al collo non è indicativo della mancanza della volontà di uccidere: l'ha lasciata perché era ormai svenuta ma ha continuato a colpirla con calci su tutto il corpo anche se inerme». Per l'accusa la condanna deve essere «senza alcuno sconto: non ci sono cambiamenti significativi nella sua situazione personale per cui non ci sono attenuanti di sorta. La difesa – ha aggiunto Canonica Alexakis – non ha presentato documenti che portano elementi positivi. E anche i litigi con la nuova moglie ricordano quanto successo. Evidentemente ci si augura che le cose non finiscano nello stesso modo». L'imputato «non ha ritenuto di doversi scomodare per presenziare al dibattimento. Temeva l'arresto, d'accordo, ma l'accusa si sarebbe aspettata un altro atteggiamento e non un'assenza sintomatica della sua personalità e del suo carattere». L'avvocato Valentina Zeli, legale dell'ex moglie, ha aggiunto che «lascia stupiti che l'imputato si sia rivolto al Tf con un ricorso strumentale chiedendo di potersi esprimere sulla sua situazione personale ma non è presente e non ha nemmeno fornito indicazioni minime sulla stessa».

‘Fattori da considerare’ per la difesa

Chiedendo una condanna non superiore ai 3 anni e 6 mesi – la pena già scontata dal 39enne, tornato in liberà nell'ottobre 2022 –, l'avvocato Gianella ha spiegato che l'uomo «non è voluto venire perché la sua vicenda giudiziaria non è priva di particolarità» e ha evidenziato una serie di «fattori da considerare» senza «banalizzare quanto successo». Tra questi ci sono «la collaborazione fornita all'indagine, la malattia degenerativa molto impattante di cui l'imputato soffre, l'aver scontato 3 anni e 6 mesi di detenzione senza congedi o trasferimenti alla sezione aperta e la sua situazione personale di uomo che cerca di guardare avanti e vedere un futuro positivo». A questi il legale ha aggiunto la «violazione del principio di celerità: essere ancora qui a quasi cinque anni dal suo arresto è decisamente troppo».

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