Dal 2018 solo un cittadino ha pagato le tasse in bitcoin. Bruno Arrigoni: ‘la pandemia ha rallentato la diffusione, con Lugano non c’è concorrenza’.
Bitcoin, blockchain e mining. Termini che per molti restano ancora avvolti dal mistero. Un mondo, quello delle criptovalute, che sta però prendendo piede anche in Ticino. Per lo meno questa è l’intenzione del Municipio di Lugano (promossa in prima persona dal sindaco Michele Foletti) e dell’azienda statunitense Theter, che ha affermato di voler investire in riva al Ceresio per trasformare Lugano "nella capitale europea delle criptovalute". Importante la cifra che l’azienda ha promesso di mettere sul tavolo: oltre 100 milioni sull’arco di più anni per portare in Città start-up e "menti digitali". C’è però chi, in Ticino, un discorso legato a queste novità digitali l’ha avviato già da alcuni anni. Stiamo parlando del Comune di Chiasso. Era infatti il febbraio 2018 quando le autorità comunali annunciavano il primo pagamento delle tasse con valuta bitcoin. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia. «Quello che volevamo lanciare con questa iniziativa era un messaggio. Far capire che siamo pronti a raccogliere la sfida dell’innovazione e che siamo ‘sul pezzo’ con le nuove tecnologie» spiega a ‘laRegione’ il sindaco Bruno Arrigoni. Non sono stati molti, a dire la verità solo uno, i cittadini che da allora hanno approfittato dell’offerta. Questo forse anche per il limite di 250 franchi, poi alzato a 1’000 a inizio 2021, deciso dall’esecutivo.
«Quando avevamo lanciato l’iniziativa il messaggio era passato molto bene, tanto che il nostro comunicato stampa era arrivato fino in Corea del Sud. L’idea era soprattutto quella di dare un segnale a popolazione e imprenditori, così è stato. A frenare non è tanto il limite di 1’000 franchi, quanto più l’aspetto culturale. È una cosa nuova e abbastanza complicata per la gente normale. Ci sta che ci sia un certo muro. Però è un fenomeno che ha preso una dimensione così grande che non può essere ignorato. Se prenderà poi piede sarà il mercato a dirlo», ha risposto il sindaco. A frenare la sua crescita, prosegue Arrigoni, ci ha pensato anche la pandemia, e più recentemente la guerra in Ucraina. «Sicuramente il Covid ha rallentato tutto. Ora siamo in un periodo in cui le criptovalute sono in discesa. Basta vedere le notizie a livello internazionale: hanno perso fino al 40-50% del loro valore». Il rischio per l’ente pubblico comunque non c’è. «Appena riceviamo un pagamento in criptovalute siamo obbligati per legge a convertirlo in valuta tradizionale. Diciamo che al massimo ci possiamo rimettere a livello d’immagine, ma è un rischio che bisogna correre se si vuole essere i primi ad affermarsi in un settore emergente come questo».
Ma quali sono le dimensioni che ha preso il fenomeno delle criptovalute a Chiasso? Si è riusciti ad attirare aziende e creare una realtà in questo settore? «È difficile quantificare quante aziende sono effettivamente attive in questo settore. Vengono infatti tutte ‘codificate’ come aziende finanziarie. Un termine decisamente ampio nel quale rientrano anche, ad esempio, le fiduciarie» afferma Arrigoni. Come fatto a Lugano per il ‘Plan B’, anche nel Mendrisiotto c’era stata una serata di presentazione. Al Palapenz erano arrivate circa 300 persone. «Per la maggior parte straniere. Ho quasi l’impressione che in Ticino l’interesse per questo ambito venga più da fuori. E non è per forza una cosa negativa». Con Lugano che ha deciso di puntare molto allo sviluppo di questo settore, quali saranno gli effetti per Chiasso? «È una domanda che mi sono posto anche io. Penso che alla fine prevarranno gli aspetti positivi. Se questo settore si sviluppa anche noi potremo beneficiarne. E possiamo godere del vantaggio di essere a ridosso del confine». Chi non sembra per ora interessato ad aprire un discorso di questo genere sono invece i Comuni più piccoli del Distretto. «Avevamo portato il tema, suggerendo di offrire la possibilità di pagare le tasse in bitcoin. Poi ogni Comune fa le sue scelte. Eravamo andati anche dal Cantone, con un risultato simile».
Chi conosce bene la materia è Paolo Siligoni, attivo nel settore con la sua azienda tra Chiasso, dove ci sono gli uffici più importanti, e Lugano. «A Chiasso vedo in grande sviluppo la formazione e il mining energetico. Fino a qualche anno fa ai nostri corsi di formazione online partecipavano 30 persone, ora siamo a 950. Da tutto il mondo. Una realtà importante per il Basso Mendrisiotto». Ma con ‘mining’, cosa si intende? «Si tratta, detto in maniera molto semplice, dei data-center che generano bitcoin. Hanno bisogno una superficie non indifferente. Per questo Chiasso si presta meglio che Lugano».
Una delle critiche che più spesso viene mossa alle criptovalute è legata alla sua volatilità. «Penso che non bisogna investire tutti i propri patrimoni in questo settore. Sono delle opportunità, certo, ma hanno un alto rischio a livello finanziario che deve essere tenuto in considerazione». Ma ci sono anche altri campi di applicazione per queste tecnologie, ed esempio il turismo dove le blockchain (un registro digitale le cui voci sono raggruppate in "blocchi", ndr) sono uno strumento. «Che però bisogna maneggiare con cura», conclude Siligoni.