Da un anno il progetto è fermo. Tra la decina di opposizioni vi sono anche le censure di Pro Natura e della Stan
Il dossier sul San Giorgio ormai è fermo al palo da quasi un anno. Le ambizioni dell’Otr, l’Organizzazione turistica regionale del Mendrisiotto e Basso Ceresio, in questi mesi, comunque, non sono cambiate. Certo riuscire a tracciare il ‘Grande giro’ su e giù per la montagna targata Unesco non sarà una passeggiata; che ci si arrampichi a piedi o in sella a una mountain bike. Il punto – anzi, il nodo da sciogliere – sono proprio le due ruote, che negli scenari turistici del Distretto mettono il Monte al cuore della rete di percorsi praticabili in rampichino, tanto da ritagliarsi uno spazio nell’offerta a livello nazionale. Come dire che escursionisti e ciclisti lì possono convivere, esaltando (nelle aspirazioni dell’Otr) l’identità del San Giorgio. Non tutti, però, da queste parti la pensano allo stesso modo. E a testimoniarlo da un po’ non sono solo i cartelli su cui, qua e là lungo gli itinerari (come la vecchia mulattiera o verso la vetta) sono comparse evidenti le scritte ‘No bike’. Depositata la domanda di costruzione, la primavera scorsa, a insorgere contro le intenzioni dell’Otr sono stati in una decina, in testa Pro Natura e la Stan, la Società ticinese per l’arte e la natura. A non piacere, in particolare a queste ultime, è l’estensione e l’impatto sull’ecosistema locale di un intervento che interessa i territori di tre Comuni – Riva San Vitale, Brusino Arsizio e Mendrisio – e che vale un investimento di mezzo milione di franchi circa. Spesa alla quale vanno aggiunti 32mila franchi di manutenzione e gestione.
Una volta di più, quindi, nella regione ci si ritrova davanti a una operazione che divide. Da una parte MendrisiottoTurismo ed enti locali, che ci lavorano dal 2017 e ci scommettono parecchio; dall’altra due associazioni che rivendicano il diritto di dire la loro e che temono per gli effetti del progetto sulla natura e il paesaggio del Monte. E questo proprio perché ci si muove in una “area di grande pregio”, peraltro iscritta tra i beni inseriti nella lista dell’Unesco. Questo è un passaggio su cui nelle sei pagine dell’opposizione si insiste molto. Tanto da aver chiesto udienza e da evocare l’esame della Commissione federale per la protezione della natura e del paesaggio. Commissione, si motiva, che “deve esprimersi in merito all’opportunità dell’intervento”.
Per Pro Natura e la Stan, del resto, non si può prescindere dalle tutele che vincolano quel territorio. L’area sulla quale ci si focalizza, ricordano, è inserita nel perimetro dell’Inventario federale dei paesaggi e dei monumenti naturali. E questo, insistono le due associazioni, comporta di principio che l’oggetto venga “conservato intatto e salvaguardato per quanto possibile”. Senza trascurare le indicazioni del Piano direttore cantonale e il riconoscimento dell’Unesco. Ecco che i lavori necessari per attuare i piani, si argomenta nell’opposizione, “paiono essere in forte contrasto con lo scopo di protezione, come pure con l’attenta ponderazione degli interventi antropici e la sua limitazione allo stretto necessario previsti per i comprensori inventariati”. In effetti, si chiarisce ancora, “per permettere il passaggio di un maggiore numero di biciclette, i sentieri dovranno essere allargati e spianati, modificando così l’equilibrio naturale esistente”.
Come riferisce la stessa relazione tecnica, si fa notare, il progetto toccherà “sostanzialmente tutti i percorsi esistenti, ufficiali e non. Con l’intensificarsi dei passaggi in bicicletta è inevitabile che le piante lungo i sentieri verranno danneggiate, se non distrutte, e gli animali presenti nel comparto saranno fortemente disturbati”. E qui Pro Natura e Stan attirano l’attenzione in particolare su due zone: il Serpiano e il comprensorio della vetta. Nel primo caso si parla addirittura di una “minaccia” e si ventila il rischio che le piste possano “distruggere puntualmente stazioni di specie importanti che si trovano fino al bordo dei sentieri esistenti”; nel secondo preoccupa l’inserimento nei tracciati proposti dei sentieri che conducono sino in cima alla montagna. Questi itinerari, si spiega, “attraversano prati secchi di importanza nazionale e unici a livello svizzero”, quindi si domanda che “vengano definitivamente esclusi da eventuali integrazioni in percorsi per mountain bike”.
Da non sottovalutare per le due associazioni sono poi i conflitti che “si creeranno con i nuovi utenti che si intende attrarre nel comparto – si parla di ‘utenti elettro-motorizzati’ – e gli escursionisti che già frequentano la zona con modalità meno invasive”. Di controcanto stando ai promotori del progetto la convivenza tra pedone e biker è possibile, tutto sta, si illustra nella relazione tecnica, “in una corretta informazione ai fruitori e nel rispetto delle regole”. Una convinzione corroborata dalla scelta di rivolgersi tanto alle famiglie quanto ai ciclisti esperti e di prevedere 2 discese, 5 loop, un giro del Monte San Giorgio con discesa e un bike park. Tant’è che l’intervento darà modo di mantenere anche la funivia Brusino-Serpiano: un aspetto che Otr non manca di mettere in evidenza.
I firmatari dell’opposizione, però, non ci sentono. Per loro sussiste un’unica via. “La fruizione della natura attraverso mezzi tecnici – si suggerisce – dovrebbe essere oggetto di una pianificazione attiva dello svago, affinché vi sia una coordinazione tra le offerte e non sorgano ovunque iniziative locali di questo genere che finiscono per impedire una fruizione più dolce e rispettosa, come pure per banalizzare l’approccio alla montagna mettendo in secondo piano la tutela ambientale e paesaggistica”.
Sul fronte opposto, per Organizzazione turistica regionale ed enti locali questo progetto rappresenta “una tappa fondamentale nel rilancio turistico del Monte San Giorgio”, si rileva nella relazione tecnica. Per quale motivo? L’intervento, si rimarca, “permette di creare una nuova offerta di mountain bike, strategica per il territorio regionale e cantonale, grazie alla valorizzazione di tracciati esistenti e alla messa in rete delle strutture ricettive che caratterizzano il comparto”.
Il confronto resta aperto, in attesa di un arbitrato.