Elaborato il concetto di uno Stato maggiore di condotta regionale per coordinare e aiutare i Comuni in caso di eventi gravi o situazioni straordinarie
Una squadra di tecnici e specialisti pronta a spalleggiare le autorità comunali in caso di emergenze: eventi naturali di grande entità (frane, incendi boschivi, alluvioni, valanghe), gravi incidenti stradali, esplosioni, perdita di sostanze inquinanti oppure altrettante malaugurate situazioni straordinarie come è per esempio stato il caso del periodo del Covid o della ricerca di infrastrutture per rispondere all’esodo di profughi dall’Ucraina. Questo il compito dello Stato maggiore di condotta regione Moesa (Smcrm), soluzione individuata dalla Conferenza dei sindaci di Mesolcina e Calanca con l’obiettivo di avere una più efficiente gestione e coordinazione delle risorse.
Un’organizzazione già vista durante il periodo della pandemia quando, su richiesta dell’autorità politica regionale, il governo cantonale concesse l’istituzione dello Stato maggiore regionale, che sempre sotto l’egida dell’apparato di condotta cantonale si occupò ad esempio di gestire e coordinare la campagna di vaccinazione nel Moesano, elaborare piani di protezione e gestire la comunicazione (in italiano) alla popolazione locale. La riproposta dell’Smcrm scaturisce infatti dall’utilità di quell’esperienza, ampiamente riconosciuta anche dal governo retico. Questa volta, però, si parla di un assetto meno politico e più tecnico, guidato e composto da persone con approfondite competenze specifiche in vari settori, che in caso di necessità potranno essere messe al servizio dei Municipi.
In una gremita sala del Centro sanitario di Roveredo, giovedì sera il gruppo di lavoro incaricato dalla Conferenza dei sindaci di elaborare l’organizzazione dell’Smcrm ha illustrato ad autorità, enti di soccorso e aziende locali quanto immaginato per quello che al momento, è stato più volte sottolineato, rimane comunque un progetto pilota. Da discutere, infatti, ci sono ancora vari aspetti, a cominciare dall’effettivo riconoscimento, attualmente non menzionato dalla legislazione cantonale, di uno Stato maggiore di condotta regionale, visto che la Legge cantonale sulla protezione della popolazione prevede che siano i singoli comuni a organizzare il proprio Stato maggiore di condotta (ciò che in particolare per i piccoli enti locali risulterebbe assai complicato). Sarà dunque compito della Conferenza dei sindaci discutere con il governo per riuscire a concretizzare il tutto attraverso una convenzione. Da chiarire anche la chiave di riparto circa l’impegno finanziario per i dodici comuni, che comunque saranno chiamati a esprimersi sul progetto nonostante il via libera all’elaborazione dell’Smcrm da parte dei sindaci.
Lo schema delineato dal gruppo di lavoro prevede una trentina di persone attive nell’apparato centrale dell’Smcrm (la cui sede di comando sarebbe il rifugio di protezione civile di Grono). Ne fanno parte rappresentanti degli enti di primo soccorso (polizia, pompieri, ambulanza, protezione civile), specialisti e tecnici di vari settori (esperti di logistica, geologi, addetti alla comunicazione), reti di servizio e cura a domicilio e anche rappresentanti di aziende che potenzialmente hanno competenze, mezzi e strumenti logistici per contribuire in caso di necessità.
Le conoscenze delle procedure e la capacità di coordinare con efficienza un eventuale impiego passa dalla formazione. Ciò che si intende fare regolarmente, iniziando già da questa primavera con l’inizio dei corsi e le prime esercitazioni. «Quello del Covid era uno Stato maggiore politico, con tanti sindaci e pochi tecnici, mentre questo è uno Stato maggiore di specialisti: si tratta di un progetto unico nei Grigioni che potrebbe essere d’esempio per altre regioni», ha detto durante la presentazione Decio Cavallini, in passato capo della gendarmeria della Polizia cantonale ticinese, attualmente vicesindaco di Roveredo e responsabile, insieme a Moreno Monticelli, del gruppo di lavoro. Risponendo ad alcune richieste di chiarimento sollevate dalla sala, Cavallini ha chiarito che lo Stato maggiore regionale «non toglierebbe la competenza dei comuni, ma sarebbe una struttura che si mette a disposizione per dare supporto. Il concetto è che se qualche comune è in difficoltà riceve un pacchetto di persone con competenze tecniche in grado di dare una mano, di gestire oppure di accompagnare nelle riflessioni, nel metodo, nella presa di decisioni. Un apparato tecnico con una leadership operativa, in cui le autorità comunali dovranno comunque essere presenti e saranno responsabili per le decisioni che saranno prese, visto che il capo impiego generale sarà proprio un rappresentante dell’autorità comunale». Avvicinato da laRegione, Cavallini indica che le calamità naturali sono gli scenari più probabili per un’attivazione dello Stato maggiore. «Ma anche per esempio il grosso incidente che coinvolge un’autobotte carica di materiale inquinante o esplosivo. Anche in questo caso, potrebbe essere l’Smcrm a coordinare risorse, azioni e mezzi». Un altro esempio di un possibile impiego sono gli isolamenti della popolazione della Calanca a causa delle frane, periodi durante i quali lo Stato maggiore regionale potrebbe coordinare l’informazione alla popolazione e l’organizzazione dei servizi di prima necessità.