La Nfl scende in campo contro il razzismo, e la squadra di Washington, sotto pressione, medita di cambiare il suo nome
Svolta nelle National Football League. Dopo aver praticamente vietato ai giocatori di inginocchiarsi in protesta contro l'uso eccessivo della forza della polizia durante l'inno nazionale, la prestigiosa e ricca lega di football inverte la rotta. E, in una vera e propria rivoluzione, dà il via libera all'inno nazionale afroamericano durante la prima settimana della stagione: sarà eseguito prima di 'The Star-Spangled Banner' e sarà probabilmente accompagnato dal nome di una delle vittime, come ad esempio George Floyd, sulla magliette dei giocatori o sui caschi.
L'inversione a U arriva mentre i Washington Redskins annunciano anche loro una svolta e, sotto le crescenti pressioni, aprono alla possibilità di cambiare nome rimuovendo quel 'pellirossa' offensivo nei confronti dei nativi americani. Dopo anni di pressing, incluso quello di Barack Obama, la squadra cede sotto il peso degli sponsor e degli azionisti, ultimo in ordine temporale FedEx. In uno stringato comunicato il colosso delle consegne afferma: «abbiamo reso nota ai Washington Redskins la nostra richiesta per il cambio di nome».
Secondo indiscrezioni, il cambio di nome è imminente e sarà già in vigore nella stagione 2020. La controversia sul nome Redskins va avanti da anni ma di recente, di fronte alla nuova ondata di proteste contro il razzismo e di richieste sempre più pressanti alle società per sposare la causa dell'inclusione e della diversità, ha ripreso slancio. E proprio le proteste che hanno spinto in strada milioni di americani per manifestare per Floyd e contro il razzismo hanno innescato anche il cambio di rotta della Nfl.
Secondo indiscrezioni, le partite della prima settimana della stagione saranno aperte da 'Lift Every Voice and Sing', conosciuta come l'inno degli afroamericani, che precederà il tradizionale inno statunitense. Insomma una rivoluzione per la Nfl che mostra il cambio dei tempi, e riflette il mea culpa del numero uno della lega Roger Goodell che, lo scorso mese, ha ammesso di aver sbagliato a gestire le proteste dei giocatori che si sono inginocchiati durante l'inno. «Abbiamo sbagliato a non ascoltare, Noi alla Nfl crediamo in Black Lives Matter», sottolinea Goodell.