Ufficializzate le candidature di Carobbio e Demaria, il focus si sposta sul parlamento dove per i socialisti sarà fondamentale fare bene
In casa socialista il via libera del congresso, mai realmente in dubbio, a Marina Carobbio e Yannick Demaria per la corsa al Consiglio di Stato chiude una discussione durata troppo e che non ha sicuramente fatto bene al partito. La strategia della direzione e dei copresidenti Laura Riget e Fabrizio Sirica è stata premiata, il loro azzardo – perché sebbene suffragato dai numeri, azzardo era e rimane – di andare ‘all in’ con una soluzione come quella di abbinare una candidatura d’esperienza e una di rinnovamento è riuscito. Il dibattito, con tutte le polemiche e le scie che lascia dietro di sé – dalle dimissioni del vicepresidente Evaristo Roncelli a un ascolto reciproco non sempre formidabile – è servito quantomeno a fare chiarezza: la stragrande maggioranza del Ps è con Marina Carobbio e sarà verosimilmente lei a prendere il posto dell’uscente Manuele Bertoli in Consiglio di Stato.
Il problema in casa socialista, adesso, è che risolta la questione del governo si apre quella del Gran Consiglio. Che per il Ps rischia di essere dirimente. Posto infatti che il seggio in Consiglio di Stato non pare essere minimamente in discussione, per il parlamento le divisioni, gli attriti e il clima alle volte un po’ di sospetto tra aree e persone potrebbero riverberarsi in maniera negativa sul risultato. Per questo un navigatore esperto del mare magnum della politica come Bertoli ha caldamente invitato a concentrarsi anche sull’elezione del Gran Consiglio, e pure Carobbio ha spinto su questo tasto. Un’esponente socialista in governo già sarà in minoranza, un gruppo parlamentare a ranghi ridotti rispetto a questa legislatura rischierebbe di non essere né incisivo, né influente quanto vorrebbe. Con la questione concreta, ad esempio, della rappresentanza nelle commissioni. Dove già i rapporti di forza sono quelli che sono.
Il lavoro che sono chiamati a fare Riget e Sirica, assieme a Carobbio e Demaria, è tradurre in pratica le molte teorie che sono uscite dai discorsi del congresso. La volontà di combattere le disuguaglianze, porre degli argini alle conseguenze dell’inflazione, agire per le persone in difficoltà e per un ceto medio sempre più in crisi è sicuramente lodevole. Il tutto, però, dovrà tradursi in soluzioni che possano andare oltre il semplice campo progressista perché le persone, specie se fragili, non hanno bisogno solo di belle parole. Ma, soprattutto, di soluzioni che spesso si raggiungono tramite quei compromessi che nella prossima legislatura saranno ancora più dettati dalle difficoltà delle casse cantonali.
La battaglia per il Gran Consiglio vede, invece, partire con una spinta sicuramente più ottimista il Plr. L’obiettivo dichiarato dal presidente Alessandro Speziali al comitato cantonale liberale radicale che sabato ha ratificato la lista per il Consiglio di Stato, vale a dire migliorare le posizioni, non è così peregrino. E nemmeno irraggiungibile. Con un ‘plus’ non indifferente: il Plr è stato capace, negli ultimi periodi, di tessere tele e alleanze che alla prova del Gran Consiglio hanno mostrato un’intesa borghese che parla una lingua simile su fiscalità, formazione e altri temi di attualità. Un’intesa che, soprattutto per il futuro in merito alle finanze, discute già apertamente di una manovra di rientro cui il Ps ha già opposto un chiaro no. Ma che prima di passare, eventualmente, dal popolo, in Gran Consiglio potrà contare su una destra con posizioni chiare e, oggi, maggioritarie.