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‘Tutto ciò che non vi dicono sull’acqua’

Il ruolo dell’oro blu tra guerre, rapporti diplomatici, carestie e interessi economici. Se ne parla con l’idrosommelier Elena Mozzini

In sintesi:
  • Nel 2022, un quarto della popolazione mondiale non disponeva ancora di acqua potabile gestita in modo sicuro
  • L’acqua può creare pace o innescare conflitti
  • Meglio l’acqua in bottiglia o quella del rubinetto? Questione di gusto ma anche di consapevolezza
L’acqua è un diritto umano, intrinseco a ogni aspetto della vita
(Depositphotos)
22 marzo 2024
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Dell’acqua si dice che sia incolore, inodore e insapore. Ma per Elena Mozzini, unica idrosommelier del Ticino, non è affatto così, anzi. Il cosiddetto ‘oro blu’ di colori, odori e sapori ne possiede diversi, come pure diverso è il suono – pensiamo alle bollicine frizzanti contenute nella variante gassata – e la consistenza al tatto. E se vogliamo andare oltre a quello che troviamo nel nostro bicchiere, l’acqua ha una moltitudine di altre caratteristiche e declinazioni che vanno oltre i nostri cinque sensi. È un bene naturale e un diritto umano universale, eppure ancora troppe persone non vi hanno accesso. In contemporanea (e si può dire pure paradossalmente) tale risorsa è la nuova frontiera del business e del consumismo più sfrenato. Ma non solo: l’acqua può essere anche la causa scatenante di un conflitto e, allo stesso modo, suo paciere. A ricordarcelo quest’anno le Nazioni Unite che, per la Giornata mondiale dell’acqua – celebrata il 22 marzo – hanno scelto il tema ‘Water for Peace’, ovvero l’acqua come strumento di pace. Dalle parole di Elena Mozzini alle riflessioni Onu, il viaggio de ‘laRegione’ nel mondo dell’acqua.

È di tutti (in teoria)

«Viviamo in un’isola felice e spesso non ce ne rendiamo nemmeno conto. La Svizzera dispone di eccellenti risorse idriche. Eppure basta qualche ora lasciati senza un rubinetto funzionante per mandarci letteramente in crisi. Ci accorgiamo, di colpo, che senza acqua siamo bloccati: non possiamo cucinare un piatto di pasta o berci un caffè, farci la doccia, lavarci i denti o le mani. Tutti gesti che oramai ci paiono scontati e banali, però dobbiamo avere ben presente che purtroppo nel mondo, per tanta, troppa gente non è così», spiega Elena Mozzini, mentre si avvicina al frigorifero, lo apre ed estrae diverse bottiglie di plastica e vetro. La sommelier bellinzonese, da circa una quindicina d’anni, oltre al vino degusta acqua. Dopo diverse esperienze e collaborazioni con importanti aziende del settore delle acque minerali, la sua passione per questo elemento naturale l’ha portata all’insegnamento della degustazione dell’acqua. Per gli adulti, ma anche – e soprattutto – per i più piccini.

A quantificare quanto detto da Mozzini i dati, nudi e crudi. Il rapporto congiunto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Unicef ha infatti evidenziato una situazione allarmante: nel 2022, un quarto della popolazione mondiale (ben 2,2 miliardi di persone) non disponeva ancora di acqua potabile gestita in modo sicuro. Ancora più preoccupante però è il dato relativo ai servizi igienico-sanitari, con 3,5 miliardi di persone prive di servizi igienici di base e adeguati, tra cui 419 milioni costretti a fare i propri bisogni all’aperto. Numeri questi che evidenziano una sfida globale in termini di accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, con gravi conseguenze sulla salute e sul benessere delle popolazioni colpite.

Navigare negli accordi transfrontalieri

Quando l’acqua scarseggia o è inquinata, o quando le persone hanno un accesso ineguale o nullo, possono aumentare le tensioni tra comunità e Paesi. Più di 3 miliardi di persone sul globo terrestre dipendono dall’acqua che attraversa i confini nazionali. Ciononostante, solo 24 Paesi hanno accordi di cooperazione per tutelare le risorse idriche condivise. La Svizzera figura fra questi, dato che con le nazioni vicine condivide ben quattro laghi e sei fiumi. Con l’aumento degli impatti del cambiamento climatico e la crescita demografica, diventa essenziale unire gli sforzi per proteggere e conservare questa risorsa vitale. La salute pubblica, la prosperità economica, i sistemi alimentari ed energetici, così come l’integrità ambientale, dipendono tutti da un ciclo dell’acqua ben gestito ed equamente distribuito.

Un business per pochi

Torniamo a casa Mozzini. Le bottiglie estratte poco prima vengono disposte in fila indiana, con le etichette ben visibili: alcune sono di marchi noti altre meno, e ci sono anche su di un mobile delle confezioni speciali, delle edizioni limitate. «Questa è la famosa acqua della Ferragni. Lanciata nell’ottobre del 2018 con Evian. A creare scandalo allora il prezzo: 4 euro per 75 cl (aumentato oltre gli 8 euro da alcuni rivenditori), – racconta l’idrosommelier, mostrandoci la bottiglia –. Ma come potete vedere è in buona compagnia: pure Moncler, Balmain e lo stilista Virgil Abloh hanno avuto la loro linea personalizzata. L’acqua è sempre quella che trovi nelle bottiglie di Pet, eppure in questo caso ha un prezzo maggiorato. Questo vi fa capire che non si sta acquistando il contenuto, ma il contenitore, e tutto il marketing che si muove dietro».

Perché l’acqua, così come tutti i prodotti alimentari, può creare un business, poco importa se è un elemento indispensabile alla vita. E lo sa bene anche la concorrenza – i produttori di bibite zuccherate in primis – che negli anni hanno acquistato i vari marchi di acque minerali. Un esempio di ciò è la svizzerissima acqua Valser, di proprietà già da qualche anno di Coca Cola. Insomma, da bene comune a semplice merce, il passo è breve.

«Quando mi chiedono se è meglio bere l’acqua in bottiglia o del rubinetto, dico sempre che di principio è una questione di gusto personale ma anche di consapevolezza, sia di ciò che andiamo ad acquistare, consumare e poi anche smaltire – afferma Mozzini, che continua –. Quello che posso dire è che l’acqua proveniente dai nostri rubinetti è molto buona e sempre molto controllata e, se vogliamo fare del bene all’ambiente, nonché risparmiare sul portafoglio, è meglio prediligere quest’ultima rispetto a quella in bottiglia».

Nel nostro bicchiere, ma anche nei vestiti

La maggior parte dell’acqua dolce nel mondo è costituita dai ghiacciai e dalle nevi perenni, che rappresentano il 68,9% del totale. Tuttavia, questa risorsa non è disponibile per il consumo umano. Il 29% dell’acqua dolce è invece confinato nel sottosuolo, in falde sotterranee profonde anche decine di metri, da cui è possibile prelevare acqua di elevata purezza e qualità, ma solo tramite l’uso di pompe o altri impianti. Sempre secondo i dati dell’Onu, solo lo 0,3% dell’acqua dolce, pari allo 0,008% della totalità dell’acqua presente nel pianeta, è facilmente accessibile nei fiumi e nei laghi. Di tutta questa risorsa, viene utilizzato circa l’8%, ripartito nel seguente modo: il 70% nell’agricoltura, il 22% nell’industria e solo l’8% per il consumo umano e nel settore dei servizi. «L’acqua è ovunque. Dentro la borraccia ma anche ‘virtualmente’ nei nostri vestiti. Per produrre una t-shirt bianca sono necessari circa 2’600 litri d’acqua, per un paio di jeans addirittura 10’000 litri. Forse detto così non vorrà dire molto ma se pensiamo che le grande case di moda hanno i propri stabilimenti e fabbriche in regioni povere del mondo come l’India, il Bangladesh o il Marocco, dove sappiamo i diritti dei lavoratori non sono rispettati e l’acqua molto spesso non è trattata, ci rendiamo conto dei diversi livelli di sfruttamento: paghe da fame, condizioni di lavoro pessime e le risorse primarie, come in questo caso l’acqua, vengono in un certo senso strappate di bocca a queste persone per favorire l’industria».

Identità ed educazione

L’acqua possiede anche un potente fattore emozionale e, in un certo senso, è pure in grado di plasmare la nostra identità. «Pensiamo ad esempio un locarnese o un luganese: entrambi vivono a ridosso di due laghi, il Ceresio e il Verbano e, ripensando alle loro città, difficilmente le immagineranno senza questi due specchi d’acqua. Lo stesso discorso vale per chi abita le vallate. Per un verzaschese la propria sorgente d’acqua sarà sempre la più buona, la più fresca e salutare − spiega Mozzini − una volta, in un corso, si è presentata una persona che provenendo da un’altra nazione aveva difficoltà a bere l’acqua di qui, e che quando tornava nel suo Paese d’origine faceva una bella scorta di acqua in bottiglia».

Terminiamo parlando dei corsi e della loro importanza soprattutto verso le generazioni future. Elena Mozzini dal 2019 collabora con Associazione Fontanieri Ticinesi in qualità di consulente. Ma è nel 2022 che arriva la svolta: nasce con essa un’importante collaborazione per il progetto “Acqua per il Futuro”, di cui è fondatrice e coordinatrice. Il progetto si propone di introdurre un approccio a 360 gradi sull’acqua nelle scuole Elementari del Canton Ticino e Grigioni Italiano. L’obiettivo principale è sensibilizzare i giovani studenti sull’importanza di questo prezioso bene per la vita e per l’ambiente, educandoli su come preservarlo in modo sostenibile per garantire un futuro migliore. Attraverso attività interattive, laboratori educativi e materiali didattici, i bambini hanno l’opportunità di approfondire le tematiche legate all’acqua, imparando a utilizzarla in modo consapevole e responsabile. Inoltre, il progetto mira a coinvolgere non solo i più piccini, ma anche gli insegnanti e le famiglie, creando una rete di sensibilizzazione diffusa sul territorio. «È un lavoro questo a cui tengo molto. I bambini si sono mostrati sempre molto interessati e a essere sincera fino in fondo devo dire che su molte cose sono più attenti e consapevoli rispetto ai grandi. Sono bravissimi pure nel fare le degustazioni. Io dico sempre che le future generazioni sono come delle gocce d’acqua. Magari una non potrà cambiare il mondo ma tante piccole gocce possono fare differenza».


Onu
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