Nel suo articolo di venerdì scorso, Dadò afferma che il capitolo dedicato allo sfruttamento delle acque è una specie di buco nero nella storia del nostro cantone, con eventi studiati poco e di malavoglia. In realtà, anche solo dando una sbirciata ai libri presentati in occasione del 50° di Ofima e poi di Ofible – entrambi stampati dallo stesso Dadò – ci si può fare un’idea molto chiara del quadro generale e delle vicissitudini che hanno portato alla concessione delle acque per 80 anni e alla creazione delle due società. Per un’analisi più strettamente politica occorre risalire alle biografie delle due fondamentali figure di spicco dell’intera vicenda: Nello Celio e Luigi Generali, i veri fautori e realizzatori in Ticino dei progetti d’Oltralpe.
Dadò continua il suo scritto asserendo che le due società lascerebbero “appena” 36 milioni di franchi in Ticino fra canoni d’acqua e imposte. Dai resoconti di Ofima/Ofible risulta che le due società pagano 36,6 milioni di canoni d’acqua e 7,7 milioni d’imposte cantonali e comunali, cioè un totale di 44,3 milioni, ossia 8,3 milioni in più di quanto dichiarato dal nostro membro della Commissione della gestione e finanze del Cantone.
E da colui che è stato anche presidente della Commissione energia sarebbe lecito aspettarsi il riconoscimento del fatto che le due società in questione cedono annualmente 444 GWh (media 2013-2022) ad Aet in rispetto della quota del 20% del Cantone nelle due società. Una quantità d’energia che, venduta all’orribile prezzo della Ses per il 2024, porta ca. 68 milioni nelle casse ticinesi. In Ticino rimangono infine anche quella quindicina di milioni che nei rendiconti delle società figurano alla voce “costi del personale”, parte dei quali versata nelle valli da cui proviene l’acqua utilizzata e, non da ultimo, il valore dei molti appalti di cui le ditte ticinesi beneficiano, tra cui spiccano i 14,5 milioni per il risanamento della sede delle società.
Tutto sommato mi sembra dunque che – limitatamente all’aspetto finanziario – non abbiamo il diritto di lamentarci per lo stato delle cose. Parlare di “restituzione del bottino” sembra veramente fuori luogo: non siamo stati saccheggiati, anzi fu il nostro parlamento a dare – per Ofima addirittura all’unanimità – luce verde ai due progetti in cui credeva. Forse convinti da quel Nello Celio che affermò: “Un gesto di solidarietà dei Cantoni confederati, verso il Ticino, ed un nuovo avvicinamento della stirpe italiana alla maggioranza svizzero-tedesca”. Per quanto riguarda invece l’aspetto ambientale, la situazione è lungi dall’essere soddisfacente. Ma stiamo molto attenti: il risanamento dei corsi d’acqua accettato dal parlamento e bocciato dal Tribunale amministrativo prevedeva una perdita di 146,74 GWh/anno (Messaggio 7564). Poca cosa, ma tradotta in parchi eolici del Gottardo (16 GWh/anno, costo 32 Mio), la compensazione delle perdite costerebbe 290 Mio, a cui vanno aggiunti gli indennizzi per le stesse perdite stimati in 87-112 Mio.
E nonostante tutti questi milioni, la cascata del Soladino rimarrebbe comunque “spenta”!