Ogni conservatore che si rispetti dovrebbe essere ossessionato dalla piena sovranità del proprio Paese, in qualsiasi ambito. Per questo motivo, da conservatore, sostengo senza esitazione la Legge sul clima in votazione il prossimo 18 giugno. In effetti, se il Covid-19 ha evidenziato i rischi di dipendere dall’estero per quanto riguarda le professioni sociosanitarie, la guerra in Ucraina ci ha mostrato i rischi di dipendere dall’estero in ambito energetico. La dipendenza energetica è molto rischiosa per la sicurezza e la stabilità di un Paese. Senza energia si ferma quasi tutto: ospedali, trasporti, elettrodomestici, comunicazioni, impianti di riscaldamento ecc. La Legge sul clima pone come obiettivo di abbandonare per quanto possibile le energie fossili (petrolio, gas, carbone) entro il 2050. Queste energie, oltre a essere inquinanti e a danneggiare la salute e l’ambiente, ci obbligano a dipendere da Paesi esteri. Nel 2021 la Svizzera ha importato 2,3 milioni di tonnellate di petrolio greggio; il 38,9% proveniva dalla Nigeria, il 24,5% dalla Libia. Gli oppositori della Legge sul clima sostengono che (1) la legge sul clima aumenterebbe il nostro fabbisogno elettrico e quindi la nostra dipendenza elettrica dall’estero e (2) il suo costo ricadrebbe sulle spalle dei cittadini e delle piccole e medie imprese. Per quanto riguarda il fabbisogno energetico, va ricordato che negli ultimi 18 anni la popolazione del nostro Paese è aumentata di 1,3 milioni di abitanti (da 7,4 a 8,7 milioni, +15%), ma il consumo di energia elettrica in Svizzera è rimasto sostanzialmente invariato a ca. 57/58'000 GWh. Il progresso tecnologico migliora l’efficienza energetica; se pensiamo all’evoluzione della tecnologia che ci sarà nei prossimi 27 anni (da qui al 2050), si può guardare con ragionevole fiducia al futuro. Inoltre, l’energia elettrica, diversamente da petrolio e gas, può essere prodotta anche in Svizzera. Negli ultimi anni la Svizzera ha sempre esportato più elettricità di quella che abbia importato. Fino al 2050 ci sarà tutto il tempo per sviluppare la produzione energetica indigena. Per quanto riguarda il “costo” della transizione energetica, si tratta in realtà di un investimento che si tradurrà in posti di lavoro, imprese e innovazione. La cifra di 387 miliardi (in 30 anni) che viene citata ogni tanto, oltre a essere “gonfiata”, rappresenta meno dell’1,8% del Pil svizzero. Inoltre, è certamente preferibile investire in Svizzera che “esportare” ogni anno 8 miliardi di franchi per acquistare petrolio e gas dall’estero. Non è un caso se anche l’organizzazione padronale économiesuisse sostiene la Legge sul clima. Infine, la popolazione avrà probabilmente un risparmio netto dalla transizione energetica, anche perché l’approvvigionamento sarà più sicuro (dipenderà meno dall’estero) e quindi meno soggetto a speculazioni. Insomma, il 18 giugno solo buoni motivi per votare Sì alla Legge sul clima.