Al prossimo appuntamento alle urne saremo chiamati a decidere se accettare o meno il contributo svizzero all’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex). Compito di Frontex è quello di controllare le frontiere esterne dell’Europa. In quanto membro dello spazio Schengen, anche la Svizzera contribuisce al finanziamento dell’agenzia. Dopo la crisi migratoria del 2015, l’Unione europea ha deciso di ampliare Frontex. Consiglio federale e Parlamento hanno dunque disposto di partecipare a questo ampliamento attraverso un contributo basato su un’aliquota stabilita, che nel 2027 sarà pari a 61 milioni di franchi. Una cifra che può sembrare alta, ma che si rivela in realtà piuttosto bassa se paragonata ad altri tipi di investimenti.
La questione, quindi, non è tanto finanziaria, quanto politica. In un’epoca come quella attuale, caratterizzata da conflitti e guerre, purtroppo, addirittura a due passi da casa nostra, il tema della sicurezza si è fatto ancor più presente. Pertanto, è necessario poter usufruire di strutture che permettano una difesa dei confini efficiente e nell’interesse anche di un Paese come la Svizzera. Con un rifiuto del contributo, il rischio sarebbe quello di essere esclusi dalla cooperazione con gli Stati Schengen e Dublino, con pesanti conseguenze non solo a livello di sicurezza, ma anche per il turismo, gli scambi e il settore dell’asilo. L’agenzia Frontex – inutile negarlo – è stata talvolta al centro di critiche e polemiche, riportate anche negli argomenti dei referendisti che vogliono impedire lo stanziamento del contributo. È però dunque ancor più importante che la Svizzera possa mantenere e aumentare la propria voce in capitolo in seno a Frontex, vigilando affinché le violazioni non avvengano e contribuendo all’adozione di provvedimenti in caso di soprusi.
Un sì a Frontex il prossimo 15 maggio è un sì alla sicurezza alle frontiere, alla libertà di viaggiare e ad un’economia di scambio e cooperazione.