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Il coraggio delle idee

La speranza non basta più, serve fede in un progetto comune. Così si immaginano le città (come Mendrisio) fantastiche

Claudia Crivelli Barella
(Ti-Press)

Le nostre commissarie di quartiere riferiscono una certa insoddisfazione per alcuni aspetti del vivere a Mendrisio. Di più: lo scontento è diventato la cifra del nostro tempo, dopo anni di pandemie, cataclismi di vario genere e l’abitudine al lamento che noi ticinesi conosciamo bene, tanto da poterne quasi comporre un blues cantato. Per costruire una realtà, o meglio la realtà che vogliamo, siamo tutte e tutti partecipi, e dobbiamo fare un salto d’idee: i nostri blues risuoneranno per monti e per valli fino a quando non passeremo dall’era del "loro sbagliano" a quella del "noi ci uniamo per realizzare la realtà che desideriamo".

Una delle più famose attrazioni della città di Bristol è un tour chiamato "Unbuillt Bristol": lo storico locale Eugene Byrne accompagna chi si iscrive in una visita a piedi delle cose che non ci sono, tutti i progetti mai realizzati. Si passa così una giornata a guardare cose che non esistono. Il volantino consiglia di indossare scarpe comode e di portare con sé l’immaginazione. La realtà non si compone infatti soltanto dalle realizzazioni, ma anche e forse soprattutto dalle sue aspirazioni.

Il fatto che molte di esse siano progetti irrealizzabili non rende le aspirazioni umane meno reali, fintanto che le riconosciamo. Io penso che ci sia una parola che la Sinistra, compiendo un grave errore dettato dalle circostanze storiche, ha bistrattato: la parola "fede", relegandola unicamente ad ambiti ecclesiastici. La speranza non ci basta più, perché da sola porta al malcontento e alla sfiducia. Dobbiamo ritrovare la fede in un progetto comune, in un impegno collettivo, in un sentirci parte di una comunità pensante e pulsante.

Mi vedo i tour di una "Mendrisio fantastica", con i progetti mai realizzati di una strada sotterranea dopo il Corso bello, di orti urbani meravigliosi ed estesi in pieno centro, di piazze vissute, di negozi e portinerie di quartiere, di punti di incontro e viali di bocce, di panchine in luoghi panoramici dove sostare e conversare, di negozi a zero rifiuti, di raccolta dei rifiuti compostabili, di zone senza auto o con traffico a venti all’ora, di alberi e verde urbano che ombreggino spazi comuni per l’incontro.

Una città dalla quale nessuno voglia più partire, perché ci si vive bene. Ma la mia visione è limitata ai miei gusti personali, l’interessante è sentire le idee altrui: a questo servono le Commissioni di quartiere, e a uno sforzo collettivo di immaginazione dovremmo abituarci tutti, in questi tempi in cui ciò che era il mondo fino a qualche anno fa non somiglia più alla realtà.

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