D’estate, si sa, di notizie ne circolano poche e se di questi tempi non si vuole parlare di vaccini e varianti Delta i temi a disposizione scarseggiano. Non per il Tages-Anzeiger, che in un giovedì di fine luglio ha trovato un nuovo, eccitante argomento sul quale dilungarsi: i ragazzini obbligati a frequentare lezioni private durante le vacanze scolastiche. All’inizio la giornalista Anielle Peterhans si concentra solo sugli allievi che, a causa delle misure anti Covid, sono rimasti indietro con il programma o faticano a trovare un posto d’apprendistato. Verso la fine del lungo reportage con interviste a pedagoghi, direttori di istituti privati e studenti, si scopre che c’è un’altra categoria di “vittime” toccate dal problema: i figli di genitori ambiziosi da “ammettere a tutti i costi” al liceo, ragazzini di dodici o quattordici anni che si preparano a frequentare il liceo “lungo” o “corto”. Di essi traccia anche un profilo piuttosto preciso: provenienti da famiglie privilegiate, sia dal punto di vista sociale che finanziario, e spesso di origini straniere. Dopo aver sottolineato più volte che le vacanze estive sono brevi (nella Svizzera tedesca in media durano solo cinque settimane), che i ragazzi devono riposare e che non si può cavare sangue da una rapa, la Peterhans conclude incolpando le scuole private di fare una pubblicità troppo aggressiva dei propri servizi e suggerendo, tramite il parere di un’esperta, che le migliori attività pedagogiche nella bella stagione sono i corsi sportivi. Dietro questa narrazione si nasconde un problema del quale l’autrice non parla: vi sono genitori che “torturano” in questo modo i figli perché a Zurigo, e nella maggior parte dei cantoni della Svizzera tedesca, l’accesso al liceo è a numero chiuso. Mentre la popolazione cresce e con essa la necessità di formare ed educare un numero sempre maggiore di giovani, i posti nei licei rimangono gli stessi. Da qui l’esigenza di richiedere voti altissimi o creare esami difficilissimi, che esulano di gran lunga dal normale programma scolastico e che obbligano i ragazzini a dover dimostrare di sapere ciò che ufficialmente ancora non avrebbero imparato. Chi vuole frequentare il liceo deve farsi aiutare: da fratelli grandi, genitori o insegnanti privati che costano e mettono in difficoltà le famiglie. Da un paio di anni, a Zurigo la scuola pubblica ha creato corsi di preparazione, insufficienti. Il diritto all’istruzione, concetto basilare per il nostro paese che si dice democratico, viene calpestato in malo modo, lasciando che a studiare ci vadano i figli “dei ricchi”, “dei privilegiati”, di quelli che hanno tempo e denaro da investire. Certo, non tutti devono diventare dottori e professori, alla società servono anche altri tipi di professionisti, però è giusto permettere ai singoli di maturare alla propria velocità compiendo scelte libere e autonome, e non di sentirsi tagliati fuori dall’ambito accademico o universitario già a partire dai dodici anni.