Speciale Economia

Inflazione quo vadis?

Per diverso tempo la si era data per domata ma l’inflazione è tornata d’attualità, specie dopo il terzo mese consecutivo di ripresa negli Stati Uniti. In Europa la situazione sembra sotto controllo, ma è bene restare vigili per scongiurare possibili riprese, potenzialmente alimentate ancora una volta dai prezzi dell’energia. In Svizzera il tasso di rincaro è ben più limitato, grazie al buon lavoro di contenimento svolto dalla BNS negli scorsi anni su più fronti, nella consapevolezza dell’importanza strutturale di un’inflazione sotto controllo per il sistema paese. Il futuro potrebbe però riservare delle sorprese. Le banche centrali all’unisono ribadiscono l’obiettivo rigido del 2%, valore che nei prossimi anni potrebbe però risultare difficile da ottenere stabilmente. I cambiamenti in atto a livello mondiale, con governi impegnati nell’aumento delle spese militari, in un contesto geopolitico decisamente meno stabile, la trasformazione energetica e un probabile rallentamento del processo di globalizzazione – in realtà già innescato dalla pandemia – depongono a favore di una possibilità non remota di valori di inflazione più alti da qui a fine decennio. Le statistiche ci dicono che negli Stati Uniti è improbabile un rientro al 2% nei prossimi dodici mesi, complice l’effetto base che interverrà da fine estate e probabilmente neppure l’Europa riuscirà stabilmente nell’intento nel prossimo anno. Sarà interessante osservare come la Banca Centrale Europea e la Federal Reserve americana reagiranno a un contesto del genere: nuovi adeguamenti in ambito di politica monetaria o piuttosto una revisione dell’obiettivo di lungo termine? È improbabile che noi potremo sottrarci a queste dinamiche, ma la BNS ha un buon margine di manovra. La Svizzera resterà un’isola felice in questo ambito con la possibilità che se l’inflazione importata dovesse tornare a salire marginalmente vedremo un rafforzamento del franco piuttosto che una manovra sui tassi di interesse.

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