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Osi al Lac con la più bella del reame

La Quinta di Beethoven o la Sol minore di Mozart? Nessuna ironia sulla Sinfonia di Mozart, per la quale l'ultimo concerto di stagione sarà ricordato

Julian Rachlin (dx) con Veronica Eberle. Ieri, giovedì 26 aprile
(OSI /Swen Baldinger)
26 aprile 2024
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Ultimo concerto in abbonamento della stagione 2023-2024 affidato alla direzione di Julian Rachlin con Veronica Eberle solista di violino. In programma la Sinfonia classica di Prokof’ev del 1917, il Concerto per violino di Mendelssohn del 1845, la Sinfonia in sol minore K 550 di Mozart del 1791: un secolo abbondante in retromarcia con tre capolavori che contrassegnano tre temperie storico-culturali ben distinte. Per un veterano delle sale da concerto tanti ricordi di tre opere tante (troppe?) volte ascoltate.

Della Sinfonia classica memorabile l’esecuzione di Sergiu Celibidache ai ‘Giovedì musicali’ di settant’anni fa nel vecchio Kursaal di Lugano. Fui ammesso, nelle prime file della platea con gli allievi del Liceo, alla prova del giovedì mattina: Celibidache scherzò con noi, ci presentò le sezioni dell’orchestra e gli archi li chiamò chitarre, ci descrisse con metafore la musica di Prokof’ev, nell’Andante centrale “ecco la professoressa di latino che avanza…”.

Del Concerto di Mendelssohn, forse ai ‘Giovedì musicali’ dello stesso anno, l’esecuzione di Isaac Stern, ascoltata dai sedili privilegiati del loggione concessi a noi studenti, che mentre il violino solo saliva ai sopracuti, sentivamo i passi pesanti di un nostro professore sbronzo in cammino sul pavimento di legno dietro di noi.

Troppi gli ascolti della penultima Sinfonia di Mozart nella favola bella di tanti anni di melomania. Anche l’altra sera nella sala del Lac, completa e in devoto ascolto, m’ha punto la vaghezza d’una scelta: nei due secoli di Regno della Sinfonia, che vanno da Haydn a Sostakovic, chi è la più bella del Reame? La Quinta di Beethoven o la Sol minore di Mozart? Nessuna ironia per altro nella Sinfonia che Rachlin ha diretto con un cipiglio da spadaccino sufficiente a smentire la serenità classica che Prokof’ev cerca di evocare nell’anno terribile in cui è in corso una guerra mondiale e scoppia la rivoluzione bolscevica.

Possente l’interpretazione di Eberle, che mi è sembrata meno propensa a calarsi nel clima romantico di metà Ottocento che a esibire col disincanto del nostro tempo la disinvoltura nel superare le difficoltà tecniche delle cadenze.

Ma questo concerto sarà soprattutto ricordato per la Sinfonia di Mozart, eseguita nella versione aggiornata del 1791 con due clarinetti. La nostra Orchestra ha schierato ventotto archi sulla base di soli tre contrabbassi, che mi sono sembrati in equilibrio perfetto con i sette legni e i due corni chiesti dalla partitura. Magnifiche le sezioni degli archi, magnifici i sette legni e i due corni, strepitoso il solista di flauto nel lungo intervento che la partitura gli assegna.

Insomma una chiusura felice di una stagione di concerti in abbonamento, che ha proposto qualche apertura alla musica del Novecento, ma resta saldamente ancorata al Settecento e all’Ottocento.

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