Culture

Succede solo con McDonald

'Wide open', dopo 17 anni
12 ottobre 2017
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Per la rubrica “Se non sono anziani, non li recensiamo”, segnaliamo oggi ‘Wide Open’, il ritorno del 65enne Michael McDonald. Ex voce e tastiere dei Doobie Brothers, si devono soprattutto al suo timbro e alle doti d’autore i 2 Grammy alla band californiana per ‘What a fool believes’ (scritta da McDonald con Kenny Loggins) e 'Minute by minute' (con Lester Abrams). Nel mondo della musica per bene, Michael McDonald è uno la cui presenza in un disco quale semplice vocalist vale quanto farci un duetto. Lo avevano capito gli Steely Dan di “Aja” e “Gaucho”, ancor prima in “Kathy Lied” e “The Royal Scam”. Ma pure Bonnie Raitt, Toto, Van Halen, Cristopher Cross e molti altri.

Preceduto da tributi Motown, ‘Wide Open’ è il primo inedito dai tempi di “Blue obsession” (2000). L’album si apre con un’Ave Maria che ha il sax di Mark Douthit e l’hammond di Larry Goldings: l’incedere lento di ‘Hail Mary’ è il marchio di fabbrica di McDonald, che qui scrive parole e musica. “Una canzone sull’umiltà” in un “disco sulla sobrietà”, parole del suo autore.

‘Just strong enough’ è un’incursione nel blues classico con Robben Ford solista; in “Blessing in disguise”, Branford Marsalis riporta atmosfere da “tartarughe blu” dello Sting senza Police; “Half truth” è scritta da padre e figlio; in “Honest emotion”, l’intimità condivisa fa di questa ballad una nuova “Matters of the heart” (su “Blink of an eye”, 1993) In ‘Wide open’ suonano anche i Toto viventi David Paich, Steve Porcaro e Shannon Forrest (co-produttore del disco). Chiude ‘Free a man’, scritta da Richard Stekol (autore “al livello di Leonard Cohen”, sostiene McDonald), un grido di libertà che tocca le minoranze: “Guardiamoci indietro per capire cosa significa in questa nazione essere neri”, passaggio che ha senso per uno come McDonald, che mosse i suoi primi passi a Ferguson.

I dischi non fruttano più ricchezza. “Da un tour da 1 milione, all’artista restano 33mila dollari”, racconta alla stampa il musicista, citando il collega Donald Fagen. Meglio così, verrebbe da dire. Affrancati dall’ansia di dover vendere copie, alcuni grandi producono cose talmente libere che nessuno rimpiange il passato, nemmeno loro. Succede con pochi. Certamente succede con McDonald.

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