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‘L'alternativa allo stabile Efg è un foglio bianco e più spese’

I sostenitori dell’acquisto: ‘Dai contrari nessuna proposta alternativa per il futuro della giustizia. Con un no dalle urne costi di oltre 183 milioni’

In sintesi:
  • ‘Investiamo oggi nella Cittadella della giustizia per risparmiare domani’
  • Pedrazzini: ‘Per aiutare la giustizia non basta la digitalizzazione’
  • Ferrara replica a Dadò: ‘Nessun conflitto di interessi’
Il comitato trasversale
(Ti-Press)
7 maggio 2024
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«Lo slogan di chi si oppone all’investimento per la Cittadella della giustizia è ‘Basta sprechi!’. E su questo hanno ragione. Basta sprecare soldi in affitti. Basta sprecare soldi in sedi provvisorie e traslochi». L’acquisto dello stabile Egf e l’investimento di tutta l’operazione che prevede anche la ristrutturazione di Palazzo di giustizia «è l’unica soluzione possibile. Un investimento che facciamo oggi per risparmiare domani», afferma Natalia Ferrara a nome del comitato trasversale che sostiene l’investimento sul quale la popolazione sarà chiamata a esprimersi il 9 giugno. «I fatti mostrano che non comprare lo stabile Botta ci costerebbe di più e non daremmo una casa degna alla nostra giustizia, anche perché da parte dei contrari la soluzione proposta è questa», continua la deputata Plr mostrando un foglio bianco ai giornalisti. Il comitato ha poi illustrato la lunga lista di spese, per un totale di oltre 183 milioni di franchi, che il Cantone dovrebbe sostenere senza lo stabile Botta. Dodici punti che vanno dai costi per le sedi transitorie alle spese per il mancato rientro della sede di Bellinzona del Ministero pubblico e della Corte di appello e di revisione penale di Locarno.

Pedrazzini: ‘È una soluzione che proporrei’

Fa un tuffo nel passato Luigi Pedrazzini, direttore del Dipartimento istituzioni dal 1999 al 2011. «Fossi ancora direttore, sarei contento di proporre una soluzione come questa. In passato abbiamo sempre optato per sistemare i problemi con interventi puntuali ma ora l’occasione che abbiamo è irripetibile. La strada degli investimenti parziali sarebbe un passo indietro, e pensare di risolvere il problema con la digitalizzazione è illusorio. La mole di lavoro aumenta e quindi cresceranno anche le persone che frequentano gli spazi della giustizia». Per Pedrazzini «è davvero difficile capire certe argomentazioni che si limitano a guardare il momento politico attuale. Serve visione. Parliamo di un investimento».

Foletti e Galeazzi: ‘Aiuta il centro di Lugano’

Presente alla conferenza stampa, tenuto nella mensa dello stabile, anche il sindaco di Lugano Michele Foletti: «Il Municipio è sempre stato a favore dell’acquisto. Lo era prima con Cristina Zanini-Barzaghi e Tiziano Galeazzi, lo è ora con Raoul Ghisletta e Marco Chiesa». Un modo per ricordare all’Udc – contraria all’investimento – che i suoi rappresentanti (o ex) nell’esecutivo non la pensano come il comitato cantonale. «È un progetto a favore dei cittadini – continua Foletti –. Permette di concentrare i servizi e renderli più accessibili. Anche perché trovare 8mila metri quadrati in centro città, per svuotare Palazzo di giustizia e ristrutturarlo, non sarebbe certo facile». Gli dà man forte Galeazzi, «in qualità di municipale emerito», che sottolinea come «le alternative non ci siano. Ho visitato tante delle ipotesi prese in considerazione ma nessuna era positiva come questa. Non me la sento quindi di essere contrario». Senza dimenticare, aggiunge l’ex municipale, «che la sua presenza in centro città garantisce un micro ecosistema economico che se fosse spostato anche solo di qualche chilometro metterebbe in difficoltà commerci e negozi».

Branda: ‘Dimostriamo che la Città Ticino non è solo teorica’

A mettere l’accento sulla precarietà dello stabile attuale è un altro sindaco, ed ex procuratore pubblico, Mario Branda. «Soffitti che gocciolano, orologi che non funzionano, acqua negli scantinati… ho frequentato a lungo Palazzo di giustizia e di toppe se ne sono dovute mettere molte nel corso degli anni. Ora è arrivata l’ora di dare una casa vera alla giustizia. È anche una questione di immagine verso la cittadinanza. Il terzo potere dello Stato deve avere una sistemazione degna». Il sindaco di Bellinzona porta quindi l’esempio del Tribunale penale federale che ha sede nella capitale. «Questa è l’occasione per dimostrare che la Città Ticino non è solo un costrutto mentale, ma una progetto vero. Lugano deve avere la giustizia in centro città». Branda aggiunge poi un altro elemento: «Si parla spesso di salvaguardare il costruito e non fare nuove costruzioni. Mi pare questo sia un buon caso. Si prende un grande immobile e lo si converte a bene pubblico».


Tra le critiche mosse a chi si oppone all’investimento c’è quella di centralizzare troppo la giustizia, mettendo sotto lo stesso tetto Tribunale penale e Corte d'appello. Con quest’ultima chiamata a giudicare le decisioni prese dalla prima. «Le entrate saranno divise e ci saranno due aule differenti», risponde Foletti. «Magistrati e giudici vengono sconfessati regolarmente. Quando ci si trova sul quel ‘campo di battaglia’ che è la giustizia non si guarda più a queste cose», aggiunge Branda. «È fuorviante e irrispettoso pensare che perché si lavora vicini ci si possa influenzare. Non credo che in questi luoghi l'amicizia sia più importante dell’autorevolezza di un professionista», chiosa Ferrara.

Ferrara: ‘Macché conflitto di interessi’

La deputata liberale radicale negli scorsi giorni è stata punzecchiata dal granconsigliere Fiorenzo Dadò che, sui social, aveva scritto: “Natalia Ferrara va in televisione a difendere con forza l’acquisto di un palazzo per 80 milioni di franchi da parte dello Stato, il cui proprietario è il datore di lavoro di suo marito. È opportuno, va bene così o c’è qualcosa che stride?”. Il presidente del Centro, che ha titolato il suo post “grande sondaggio sui conflitti d’interesse”, suggeriva un parallelismo con la vicenda della leghista Sabrina Aldi “messa alla berlina per aver sostenuto la nomina a procuratore del figlio del suo datore di lavoro”. Replica Ferrara a margine della conferenza stampa: «Gli interessi che faccio io sono quelli dei ticinesi e della loro giustizia. È vero, non l’ho mai nascosto, professionalmente mi occupo di piazza finanziaria e conosco bene questo stabile e le persone che ci lavorano. Qui ho negoziati piani sociali e salvato posti di lavoro. Mio marito – prosegue – lavora qui ma il prezzo di compravendita non lo riguarda in nessuno modo. È presidente della commissione del personale e come me si occupa di persone e non di patrimoni. Non c’è quindi nessun conflitto. Quello di Dadò è stato un attacco sotto la cintura basso basso basso».

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