Bocciata dal Gran Consiglio la proposta di portare almeno a 30% la rappresentanza delle donne ai vertici dell’Amministazoine cantonale e dei suoi enti
"Una decisione vergognosa del Gran Consiglio. E le donne devono aspettare ancora". Commenta così il Partito socialista la bocciatura parlamentare della mozione "30% almeno" di Raoul Ghisletta (Ps) che chiedeva una soglia minima di presenza del sesso meno rappresentato ai vertici delle aziende ed enti cantonali, dell’Amministrazione cantonale e nelle commissioni. Con 43 voti contro 38 e un’astensione, il plenum ha deciso di seguire il rapporto di maggioranza firmato da Lara Filippini (Udc): «Come donna sono contro le quote rosa perché ritengo che per raggiungere la vera parità bisogna essere valutate per competenze e qualità. Quello delle quote è un concetto di prevaricazione sull’uomo, che riduce tutto al genere». Il suo rapporto proponeva di respingere la mozione ma anche di affidare alla delegata delle pari opportunità l’allestimento di un rapporto decennale sulla rappresentanza femminile. «Bisogna avere un approccio meno dogmatico e più oggettivo – sostiene Filippini –. Una raccolta dati permette di correggere il tiro o di rendersi conto che forse il problema non c’è». Non si esime poi da una stoccata al Ps: «Chi fa questa proposta predica bene e razzola male. Nei Cda con quote di partito come quelli di BancaStato, Eoc, Aet non c’è nessuna donna socialista».
Per il mozionante Ghisletta «si vuole introdurre nella legislazione cantonale un obiettivo minimo, e il rapporto di minoranza chiede semplicemente che il suo mancato raggiungimento sia motivato. Un resoconto ogni 10 anni mi sembra una proposta provocatoria e negazionista del problema». Nel suo intervento la relatrice di minoranza Daria Lepori (Ps) evidenzia che esistono già delle quote nel Consiglio federale «per quanto riguarda la provenienza regionale e linguistica, e si può fare lo stesso discorso per i sessi. Comunemente si ritiene la rappresentanza di genere come una rivendicazione vittimistica e pretenziosa ma è una questione democratica». Argomentazioni, spiega Lepori, «che qualcuno ha già sentito nel 2009 durante la discussione sulla mozione di Monica Duca Widmer, approvata, ma di cui manca una vera applicazione».
Divisione interna invece nel Plr. Secondo la capogruppo Alessandra Gianella «sull’obiettivo finale siamo tutti d’accordo, non concordiamo però sugli strumenti da usare per raggiungerlo». A suo parere «senza un cambiamento culturale della società non sarà possibile fare dei grandi passi avanti perché non è inserendo percentuali che si risolve il problema, ma favorendo ad esempio la conciliabilità di impegni familiari e professionali». Di altro avviso la deputata liberale radicale Natalia Ferrara, per cui «se si è contro le quote, bisogna votare il rapporto di minoranza perché le vere quote ora esistenti sono quelle azzurre nei Cda». La vicecapogruppo leghista Sabrina Aldi giudica da parte sua «offensivo ricoprire una carica solo perché si è donna, anzi si rischia di venire sminuite in quanto viste unicamente in quota rosa. È a monte che bisogna agire, a livello di congedo parentale, preasili, lavori a orari flessibili, così le donne possono farcela da sole». Al contrario, per Nadia Ghisolfi (Ppd, anch’esso diviso) «ci sono ancora stereotipi secondo cui le donne vorrebbero dei posti per il mero fatto di essere donne e non per le loro qualità, ma è proprio il contrario». Quote rosa, inoltre, secondo la deputata popolare democratica, «sono una definizione ideologica, parlerei piuttosto di democrazia paritaria».
Dai banchi dei Verdi Andrea Stephani pone l’accento sul fatto che «in altre parti del mondo si è oltre e si inizia a mettere in questione la nozione stessa di genere. Ma rimane il fatto che più in alto si sale nelle scale gerarchiche delle aziende e meno si trovano donne. O soffrono di vertigini o sono sottorappresentate». E il cosiddetto "soffitto di cristallo" è al centro dell’intervento anche di Simona Arigoni Zürcher (Mps) per cui questo «rimane una questione della classe privilegiata. Bisogna parlare di lavoro indispensabile, non di settori di nicchia. Tuttavia bocceremo il rapporto di maggioranza». In rappresentanza di Più Donne Tamara Merlo: «Non è vietato alle donne entrare nei Cda, ma gli uomini devono aprire loro la porta nel senso di lasciare delle poltrone, cosa non è facile senza uno strumento come le quote». Pure contraria al rapporto di maggioranza, la deputata comunista Lea Ferrari sostiene però che «le quote rosa fermano i sintomi ma non combattono le cause. Serve invece maggiore sensibilizzazione da abbinare a lotta di classe, parità salariale e conciliabilità».