Ticino

Giornale del Popolo: un milione ai suoi dipendenti

Le 34 persone che hanno perso il posto dopo il fallimento hanno ricevuto in media 25mila franchi a testa. Fondi extra per chi è ancora in difficoltà

(Ti-Press)
11 ottobre 2019
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Quasi un milione di franchi per 34 dipendenti: una media di oltre 25mila franchi per ciascuno, più 85mila aggiuntivi destinati alle sedici persone ancora in difficoltà. È questo il risultato del fondo di solidarietà a favore degli ex-dipendenti del Giornale del Popolo, che nel 17 maggio dell’anno scorso annunciava il suo fallimento. Un risultato da non sottovalutare, se si pensa che i lavoratori si sono trovati di fronte a “una decisione presa con una certa fretta e con una lacuna: la mancanza di un piano sociale” come quelli che normalmente accompagnano la chiusura di un’azienda; a notarlo è Roberto Poretti, vicepresidente dell’Associazione solidarietà giornalisti e operatori dei media che ieri ha presentato i risultati dell’operazione. Certo, il rammarico rimane, come sottolinea anche Renato Ricciardi, sindacalista Ocst coinvolto nella Commissione consultiva che ha coordinato la distribuzione dei fondi: forse “si sarebbe potuto fare di più” per cercare di salvare “una testata storica”. E infatti, aggiunge Ricciardi, se non c’era “un obbligo legale” si è comunque manifestata una “volontà morale” di correre in aiuto ai disoccupati.

“Il fallimento non ha permesso neppure di riconoscere i normali tempi di disdetta. Quindi era necessario fornire a tutti un indennizzo iniziale, salvo poi destinare una parte dei fondi specificamente a chi a distanza di tempo si trovava ancora in difficoltà”, dice il rappresentante del sindacato dei media Syndicom in Commissione, Nicola Morellato. Le risorse sono state distribuite sulla base di criteri quali l’anzianità di servizio, l’età e il numero di famigliari a carico, ed erogati in tre tranche fra 2018 e 2019.

Il sistema ha retto, ma in futuro...

Nel frattempo 18 dipendenti hanno trovato un reimpiego nel loro settore, e non è cosa da poco: come nota Ruben Rossello, rappresentante dell’Associazione ticinese dei giornalisti in seno alla Commissione (i cui membri hanno lavorato a titolo gratuito): “dei 41 dipendenti de ‘Le Matin’ che ha chiuso i battenti l’anno scorso, nessuno ha trovato un impiego nel settore, e i sette che hanno ottenuto un nuovo lavoro hanno dovuto riciclarsi perfino in mestieri come la guardia carceraria”. Secondo Rossello “il sistema dei media in Ticino è stato in grado di assorbire la chiusura di un giornale. Temo però che non potrà assorbire un altro choc di queste dimensioni”. Anche per queste tegole future rimarrà operativa l’Associazione di solidarietà presieduta da Monsignor Nicola Zanini, che ha messo in cascina 16mila franchi per ulteriori interventi. Zanini loda la generosità dei ticinesi: oltre ai 500mila franchi messi a disposizione da fondazioni vicine alla Diocesi, ci sono state numerose donazioni private di ogni ammontare, incluso il piccolo ma prezioso “obolo della vedova di cui parla il Vangelo”. Zanini difende anche l’operato del Vescovo Valerio Lazzeri al momento della chiusura: “il fallimento dell’agenzia Publicitas – con la perdita immediata degli introiti pubblicitari che ne derivavano – ha reso inevitabile depositare i bilanci”. Per ora non si sono avute nuove richieste di aiuto, neanche dopo i recenti licenziamenti al ‘Corriere del Ticino’.

Resta il problema delle sedici persone che ancora non hanno trovato un nuovo lavoro. “In difficoltà sono soprattutto quelli che hanno più di cinquant’anni”, spiega Ricciardi. Rossello aggiunge che “questa esperienza dimostra come anche la scelta di fare il free lance possa garantire prospettive adeguate”, anche se la flessibilità non è facile e il costante cambiamento tecnologico “fa sì che professionalmente si rischi di diventare vecchi molto prima di una volta”.

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