Domenica appuntamento alle urne: in consultazione quattro modifiche alla Costituzione approvate dal parlamento in novembre
Fissare per legge i diritti politici dei cittadini ticinesi residenti all’estero; aumentare i giorni disponibili per la raccolta firme per iniziative e referendum; il fatto che la riforma della Costituzione con varianti sia limitata alla revisione totale; il non verificarsi di un voto popolare con oggetto un’iniziativa legislativa che ha già avuto il semaforo verde dal Gran Consiglio, pure se lanciata nella forma dell’iniziativa generica. Modifiche, queste, inserite nella Costituzione nell’ambito della revisione della Legge sui diritti politici approvata dal parlamento lo scorso 6 novembre. Modifiche che andando ad operare all’interno della Costituzione richiedono un voto popolare. Che si terrà domenica 10 febbraio.
Il tema più caldo, e che ha suscitato più dibattito durante la discussione in Gran Consiglio, è quello dell’allungamento dei termini per la raccolta delle firme. In soldoni: per quanto concerne i referendum si passa da 45 a 60 giorni, per le iniziative da 60 giorni a 100. I sostenitori di questa modifica fanno leva sul fatto che il Ticino, nel confronto intercantonale in merito al tempo di raccolta firme, è nelle ultime posizioni. Per questo viene ritenuto “necessario, attraverso una proporzionata e ragionevole estensione dei tempi di raccolta” riequilibrare “almeno in parte l’accessibilità dei cittadini all’esercizio dei diritti di democrazia diretta”. I contrari, partendo dal fatto che “sono sensibili al tema dei diritti popolari”, ritengono che “raccogliere le firme è certamente impegnativo per i promotori, però l’esperienza indica che già oggi esiste un’elevata vitalità nell’esercizio dei diritti politici”. Negli ultimi 15 anni, ricordano, “ogni cinque iniziative depositate, quattro hanno raccolto le firme necessarie. C’è già, quindi, un buon equilibrio”. Altro tema, altro dibattito.
Sempre in votazione domenica c’è una modifica che prevede come un’iniziativa generica già approvata dal Gran Consiglio non debba (più) essere sottoposta al voto popolare. Per i contrari è importante “mantenere la possibilità di una verifica popolare”, perché “questo verdetto potrebbe essere di segno opposto rispetto al voto del Gran Consiglio”. E perché, parlando di diritti politici, “è evidente che una decisione popolare acquisisce una notorietà e una legittimità ben superiore a qualunque decisione parlamentare. Governo e parlamento, raccomandando invece di votare sì come a tutti gli oggetti in votazione, rilevano “si rafforzino i diritti popolari, poiché una volta accolta un’iniziativa generica entra subito in vigore”. Considerando come “il Gran Consiglio è obbligato a elaborare un testo conforme al testo dell’iniziativa generica. I contrari argomentano su presupposti sbagliati”.