L’Ata dice ‘no’ a PoLuMe e corsia per i Tir e rilancia proponendo di trasferire i pendolari sul trasporto pubblico. Come si è fatto con i camion
Si sa bene come la pensa l’Ata, l’Associazione traffico e ambiente della Svizzera italiana, sulle ‘nuove’ corsie disegnate da Ustra, l’Ufficio federale delle strade, lungo il tratto meridionale dell’A2. Tanto il cosiddetto PoLuMe, il potenziamento della Lugano Sud-Mendrisio, quanto l’area di sosta temporanea per i Tir tra Coldrerio e Balerna non piacciono affatto. Lo ha ribadito anche di recente il plenum, riunito a Mendrisio, mettendolo nero su bianco in una risoluzione. Dal traffico e dalle colonne, soprattutto nel Sottoceneri, si è scandito a chiare lettere, si esce solo cambiando prospettiva. Anzi, mutando, come ribadito dall’Ata, "paradigma". La mobilità motorizzata individuale – che sia a benzina, diesel o a watt – va impostata diversamente e trasferita dalla strada al trasporto pubblico. L’Associazione guidata da Bruno Storni lo ha fatto capire senza e senza ma. «Dobbiamo fermare – si è sottolineato in assemblea – questa continua corsa alla crescita della capacità stradale». Ma come? Una proposta c’è: definire dei ‘contingenti’ lungo i principali (o più trafficati) assi di collegamento, nel solco di quanto realizzato con l’Iniziativa delle Alpi. Iniziativa che, certo, ha inciso sulla Costituzione federale.
Per fermare quella che l’Ata stessa chiama "la spirale di nuovo traffico generata da nuove strade", servano altri obiettivi. Traguardi che chiamano in causa, si fa capire, chi pianifica l’assetto viario nei Distretti, a cominciare dalle Commissioni regionali di trasporto, e fanno leva sui piani di agglomerato. «Analogamente a quanto fatto per i mezzi pesanti – ci spiega lo stesso Bruno Storni – va fissato un massimo di transiti di automobili, ad esempio, sul Ponte diga di Melide o a Grancia – dove sull’A2 si registrano punte giornaliere di oltre 100mila veicoli –, definendo una quota nettamente inferiore agli attuali volumi. In tal senso occorre adottare anche misure per offrire più e miglior posto sui mezzi pubblici. Il margine per il trasporto passeggeri lungo le tracce ferroviarie non manca». Tutto ciò, rilancia l’Ata, riducendo al contempo il numero di posteggi e promuovendo la mobilità aziendale, la condivisione dell’auto e il telelavoro. Senza dimenticare la tassa di collegamento.
È vero, concedono Storni e l’Associazione, il tetto di 650mila camion dell’Iniziativa non è ancora stato raggiunto a oggi. D’altra parte, si fa notare, essere scesi a 860mila Tir nel 2021 dal milione e 400mila veicoli pesanti transitati nel 2000, mostrandosi in controtendenza rispetto ad altri corridoi come il Brennero, è già un risultato non trascurabile. Negli ultimi vent’anni, come è emerso nel corso dell’assemblea, si è investito non poco e in modo mirato per trasferire le merci della gomma alla rotaia. Ora però, si è insistito, occorre sfruttare quegli sforzi – inclusa la galleria di base del Ceneri – per compiere passi avanti anche sulle strade di casa, trasferendo pendolari (e non solo) sul trasporto collettivo. Anche perché le colonne di auto, richiama il presidente, non assillano solo il Sottoceneri, bensì anche il Piano di Magadino e, presto, anche Bellinzona con il nuovo semisvincolo autostradale in centro.
Ci sono, insomma, ragioni più che sufficienti per spronare l’Ata a ricercare alternative possibili. L’Associazione, si è annunciato in occasione del plenum di Mendrisio, ha infatti intenzione di «avviare uno studio per rivedere la mobilità individuale motorizzata a sud di Lugano e proporre soluzioni per ridurla, invece di nuovi mega investimenti in progetti di ampliamento di strade, che spostano solo le colonne».
A preoccupare, del resto, è altresì il «potenziale raddoppio del tunnel stradale del Gottardo» a cui si è dato via libera e a cui, agli occhi dell’Associazione, «potrà seguire un nuovo aumento del traffico attraverso il nostro cantone, che sposterà le attuali colonne ai portali su altre strade nazionali e cantonali sia a nord che a sud delle Alpi». In altre parole, si esorta, si impone una svolta nelle abitudini e nella mentalità.
Riportando lo sguardo sul Distretto, «se negli ultimi anni su molte strade del Mendrisiotto osserviamo una certa stasi nella crescita del traffico – si è rilanciato –, questo è dovuto in primis al raggiungimento dei limiti di capacità di diverse tratte stradali sia nazionali che cantonali; un ulteriore potenziamento farebbe ripartire la crescita portando poi le stesse, così come nuove tratte, a saturazione nel giro di pochi anni».