Il giovane, accoltellato da un coetaneo tre anni fa, ha chiesto l’assoluzione. La Corte ha confermato il decreto d’accusa, pur dimezzando la pena
Autore e vittima. Due anime in un corpo solo. Protagonista un 22enne luganese, accusato di una rissa - questo il reato di cui ha dovuto rispondere oggi davanti alla Corte delle assise correzionali di Lugano - avvenuta nel cuore del centro cittadino quasi tre anni fa, la sera del 1. giugno 2019. Le prime avvisaglie all’interno di un bar in Piazza Manzoni, poi, il seguito, all’esterno. "Quando finisce lo dico io", avrebbe affermato a un certo punto l’aggressore dell’imputato. E, dopo aver sfilato un coltello, ha colpito il coetaneo, allora 19enne, con un fendente al fianco sinistro, dal quale, fortunatamente, si è ripreso dopo tre giorni di ospedale. Il 22enne ha descritto così la situazione: «Volevamo andare via subito, allontanarci, ma ci hanno inseguiti. Pugni e spintoni» - ha ricordato l’imputato. Cinque, in tutto, le persone che formavano il gruppo.
Il 22enne ha sostenuto di essere stato vittima in tutta la vicenda. Per questa ragione ha ricorso contro la condanna pecuniaria di 120 aliquote giornaliere inflitta con decreto d’accusa nei suoi confronti dalla pp Valentina Tuoni per il reato di rissa. Il magistrato, nella sua requisitoria, ha chiesto la conferma del decreto d’accusa: «La volontà dell’imputato era di affrontare la fazione contraria, senza chiedere aiuto. Ne consegue che la rissa deve essere confermata». La difesa, rappresentata dall’avvocato, Pascal Delprete, nella sua arringa ha chiesto l’assoluzione del 22enne. «Il mio assistito è stato aggredito, dapprima afferrato al collo e poi accoltellato. Non ha avuto una parte attiva nella vicenda. L’impianto accusatorio della rissa non regge» - ha sottolineato fra l’altro il legale.
Non così ha concluso il giudice Siro Quadri, che ha spiegato come, nello stesso suo primo verbale, l’imputato ha parlato non solo di difesa ma anche di attacco nella rissa che ha visto al centro il 22enne. Ergo, la Corte ha confermato il reato. «L’accoltellamento, un fatto grave, non cancella l’infrazione di rissa» - ha affermato il giudice, che ha dimezzato la pena: 60 aliquote giornaliere, anziché 120, sospese con la condizionale. Irreperibile, invece, al momento, l’accoltellatore, ricercato per lesioni e rissa.