Impact Journalism

Sul pianeta delle mamme

22 settembre 2014
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di Daniela Carugati/laRegioneTicino

A Chiasso un preasilo fa dell'integrazione un fatto quotidiano. Un gruppo di donne ha avuto l'idea. E ora madri del posto e madri non di lingua italiana si incontrano con i loro bambini, imparano insieme l'italiano e a conoscersi.

Lemlem parla con gli occhi. Che dicono più di quanto vorrebbe. Il suo nome ha un suono dolce: nella lingua dei padri, ci spiega, significa ‘verde’. Difficile dire se anche per lei, eritrea, fuggita quasi tre anni orsono dall’Etiopia e dalla guerra, sia il colore della speranza. Al preasilo di Chiasso è una mamma tra altre. Mamme che cercano di mettere in fila qualche parola di italiano e di regalare un po’ di serenità ai loro figli. Lei, però, resta una donna divisa a metà. Una parte è qui con il bimbo nato durante la sua diaspora, una parte è in un campo profughi etiope, con l’altro figlio affidato a una zia. «Ma di questo non voglio parlare» ci dice mentre all’improvviso i tratti del suo viso si irrigidiscono. Lemlem ha ottenuto lo statuto di rifugiata politica, ma sinora l’autorità di Berna ha detto ‘no’ al suo rincongiungimento familiare. Così il preasilo è una luce nel buio.

In realtà la villetta del Comune dove al primo piano si è aperto questo servizio è un microcosmo a parte. Ancor più oggi che tra un girotondo e una tazza di caffè al numero 4A di via Valdani si cerca di far incontrare donne e vissuti tanto lontani: i mondi di Lemlem, o di altre sue connazionali come Haymanot o Hiwet, o ancora la storia di Ugaso, somala, in Svizzera con il marito e 6 figli, e di Viorica, che dalla Romania ha seguito il coniuge in cerca di lavoro, e le realtà tutte ticinesi di Monica e delle madri del posto. Una quarantina quelle che gravitano oggi attorno al preasilo: un pianeta tutto al femminile.

L’idea, la primavera dell’anno scorso, è venuta infatti ad altre donne come loro. Per una strana alchimia, ci raccontano le stesse fautrici del progetto, le pedagogiste dell’Associazione Progetto genitori – già sulle tracce, per mandato, di famiglie vulnerabili – e le responsabili di via Valdani, hanno avvertito la stessa urgenza: entrare in contatto con le mamme venute da altrove. Le stesse con le quali, di solito, si incrocia fugacemente lo sguardo per la via. Il Municipio cittadino ha dato una mano – anzi quattro, quelle di Lucia Ceccato e Tessa Fasoli di ‘Chiasso, culture in movimento’ – e la sua disponibilità, ed è nato il ‘ParLaMondo’. All’inizio il motore sono stati la buona volontà – di Caterina, Barbara, Cindy e Ariadne, tutte mamme volontarie – e una donazione dal ‘Club del Tappo’, ma dal 2015, ci anticipa la presidente di Progetto genitori, Martina Flury Figini, a dare un sostegno tangibile – che vale un riconoscimento politico e la copertura del 50% dei costi assunti dall’Associazione – sarà anche lo Stato del Canton Ticino.

A ben vedere una iniziativa simile non poteva che farsi largo a Chiasso: una città di frontiera, crocevia di migranti. Una città dove la solidarietà femminile è riuscita ad abbattere barriere e pregiudizi. Conta poco quale sia la lettera che ‘marchia’ il permesso che hanno in tasca le donne come Lemlem. Così, messa al bando la parola ‘straniere’ – «qui ci sono mamme di lingua non italiana e basta» tengono a farci sapere –, il corso di italiano proposto di mercoledì con l’aiuto di una insegnante alla fine si è rivelato un bel pretesto per andare oltre. Loro, i piccoli, che carponi o ancora incerti sulle loro gambine vanno smaniosi alla scoperta del mondo riempiendo di voci gli spazi di via Valdani, invece, non conoscono ostacoli. Lidia, che ci allunga una mucca scolpita nel legno, ha solo 8 mesi ed è nata nel Paese dell’esilio. È la figlia di Hiwet, da due anni a Chiasso, da tre in Svizzera, dove è ‘sbarcata’ dopo aver traversato il mare e risalito l’intero ‘stivale’ italiano. Anche lei oggi è una rifugiata. «Il permesso – ci fa sapere la sua amica Haymanot – è arrivato da poco». A differenza di Hiwet, Haymanot, gia’ madre a 25 anni, ci spera ancora. Soprattutto dopo essersi lasciata alle spalle Addis Abeba e un Paese «con tanti problemi». Da Berna, però, finora nessuna risposta, aggiunge con l’aria triste tenendo tra le braccia Melkem, occhi grandi e tante treccine. Pure Melkem ha visto la luce in Ticino e vale una ragione più che sufficiente per aprirsi a una nuova esistenza.

Certo non è facile farlo. Hanno pudore ad ammetterlo ma le differenze ci sono, e sono tante. Ugaso inizia con il raccontarci di avere visto qui la neve per la prima volta e finisce con il riconoscere che, sì, «l’impatto, almeno da principio, è stato duro». Ma subito, fa capire grata, ora è possibile avere una casa, da mangiare e la scuola per i bambini. Eppure, per il momento, è stata solo ‘ammessa provvisoriamente’. Il suo sogno? «Vorrei un lavoro, per me e mio marito, la stabilità».

Il compagno di Viorica, invece, ce l’ha fatta. Un posto l’ha trovato e ha potuto portare lei e la piccola da Brasov, quasi nel cuore della Romania. E il salto dalla principale città della Transilvania a Chiasso è stato notevole. «Certo mancano la famiglia e gli amici – ci confessa –, ma il preasilo aiuta, a uscire di casa e a non sentirsi sole». In via Valdani è il primo passo, poi viene il parco giochi e l’impressione che ‘integrazione’ non sia più unicamente una parola.

«Il ‘ParLaMondo’ è una iniziativa fantastica per socializzare, tra bambini ma anche tra madri». Monica è di Vacallo e una volta la settimana frequenta la villetta con le sue due bimbe, Denise di 2 anni e mezzo e la piccola Sophie; e ne è entusiasta. Il tentativo di far interagire mamme del posto con mamme di lingua non italiana ha spalancato nuove porte. «Al di là della difficoltà linguistica, il primo ostacolo, queste donne si trovano in una realtà talmente diversa dalla loro, che attraverso questi contatti vengono aiutate a uscire dall’isolamento. Spesso in effetti hanno contatti solo tra connazionali. Il preasilo può quindi essere un ponte, per conoscere altre persone, e può contribuire a crearsi una rete sociale anche al di fuori di qui. In questo modo acquistano fiducia in sé stesse e pure in noi».

Del resto, le artefici di tutto ciò guardano lontano e non nascondono di avere delle ambizioni. E non si riferiscono solo all’opportunità, da settembre, di tenere aperto tutte le mattine. «Pensiamo, in futuro, a una collaborazione con la scuola dell’infanzia e, a breve, alla possibilità di conoscere le reciproche prassi educative, per un vero scambio culturale e umano» condivide con noi la presidente di Progetto genitori Martina Flury Figini. Ma è tempo per tutte di tornare alla quotidianità di sempre. Così scatta un vecchio girotondo: ‘Giro girotondo, casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra’ cantano mamme e bambini in coro. Il figlio di Lemlem si stacca e ci porge un suo disegno: su un foglietto rosso ha schizzato un pianeta che ricorda Saturno. Un pianeta pieno di speranze.

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