Impact Journalism

Quanto CO2 c'è in una carota?

Un piatto con meno CO2
(Doris Fanconi)
20 giugno 2015
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– di Daniel Böniger, Tages-Anzeiger, Svizzera –

‘Villaggio’ è un ristorante self service del Tecnoparco di Zurigo gestito dal Compass Group. Lo chef Daniel Mietusch prepara oltre 400 pasti al giorno e ha recentemente iniziato a pianificare i propri menu con il calcolatore di ‘Eaternity’, un programma che gli permette realizzare

piatti con un minor impatto ambientale. «Il tempo che ci si impiega è assolutamente ragionevole», spiega.

L’uomo che gli sta accanto è Manuel Klarmann, Ceo di ‘Eaternity’. Lui e la sua squadra hanno sviluppato ‘Eaternity Cloud’, il calcolatore delle emissioni di anidride carbonica che ha convinto il gruppo Compass a salire a bordo. Compass controlla circa 230 esercizi pubblici in tutta la Svizzera e, come gruppo, è determinato a ridurre la propria impronta ambientale del 20 per cento entro il 2020; una vera e propria sfida dal momento che il cibo rappresenta circa un terzo delle emissioni di CO2 prodotte dall’uomo.

Le radici di ‘Eaternity’ sono state piantate da Klarmann nel 2008 quando si rese conto dell’assenza di un collegamento tra scienza e pratica: «A cosa servono tutti gli studi sul consumo di CO2 delle carote se gli chef non ne sanno niente?», si è chiesto.

Attualmente ‘Eaternity’ impiega sei persone, per l’equivalente di 4,5 posti a tempo pieno, finanziati da una tassa annuale di 1’300 franchi. Soldi che la ditta riceve da ogni ristorante. In cambio «gli esercenti hanno accesso alla piattaforma ‘Eaternity Cloud’, lo strumento che aiuta a pianificare menu ecologicamente sostenibili». Un programma che viene aggiornato costantemente con i più recenti studi sul tema. Inoltre, mensilmente, ad ogni esercizio pubblico viene presentato un rapporto sul proprio impatto ambientale.

Quello che distingue ‘Eaternity Cloud’ dai metodi tradizionali per il calcolo delle emissioni di anidride carbonica, spiega il Ceo della ditta zurighese, sono i parametri che usa. Alcuni sono analoghi a quelli dei sistemi concorrenti, come ad esempio l’utilizzo dell’acqua e il periodo di raccolta. Altri sono speciali, come per esempio la coltivazione in serra, le distanze di trasporto, il confezionamento: 50 variabili per ogni prodotto convertite, per facilità, in chilogrammi di CO2.

«Il nostro obiettivo è di guadagnare altri cinque clienti della dimensione di Compass nel giro di tre anni», rileva Klarmann. In questo periodo sono in corso negoziazioni in diverse nazioni europee.

Manuel Klarmann ne è convinto: il miglioramento dell’impronta ecologica del cibo è la via giusta da percorrere per proteggere il clima. Non foss’altro, perché «ognuno quotidianamente deve mangiare».

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