Commento

Neanche questa è la volta buona

13 luglio 2015
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Il dibattito si riapre. Sarebbe bello poterlo chiudere una volta per tutte in modo definitivo, così da dimostrare a tutti che Roger Federer è ancora in grado di vincere un torneo dello Slam, soddisfazione che gli sfugge ormai da tre anni pieni.
Invece nisba, ancora una sconfitta. Più dolorosa di altre, in quanto mai come stavolta nell’aria c’era profumo di vittoria. Di impresa. Di Slam numero 18. E già che giochiamo con i numeri, di Wimbledon numero 8. Un record, manco a dirlo. Il ciclone Djokovic ha però fatto piazza pulita. Il suddetto profumo sotto le folate del serbo ha assunto le fragranze sgradevoli della sconfitta.
Illusi dalla semifinale perfetta di venerdì (mai presagio fu tanto traditore), si pensava veramente che potesse essere la volta buona. Che a 34 anni da compiere tra meno di un mese Roger fosse capace del colpo di coda del fuoriclasse che piazza un acuto da par suo.
Facile dire che se davanti non avesse avuto cotanto Djokovic, avrebbe probabilmente vinto. Facile, giacché il serbo è parte della realtà tennistica con cui Federer si deve misurare negli anni conclusivi della sua straordinaria carriera. È l’ostacolo più alto, l’esame più severo, il rivale più degno.
L’avversario che, se sconfitto, renderebbe ancor più memorabile un trionfo solo rimandato, una volta di più. Diciamolo, cullati da ottimismo e speranza.
Il tempo passa, Djokovic è più giovane ed è fortissimo, ma la concorrenza ai massimi livelli stenta a produrre fenomeni che rendano impossibile la scalata ai vertici.
insomma, seppur a 34 anni, Federer ha dimostrato che manca sempre qualcosa per imporsi, ma anche che il traguardo non è poi così lontano.
Lui stesso insiste ed è il primo a essere convinto di poter ancora vincere, in uno dei tornei più importanti del circuito. Ha già dato appuntamento a Wimbledon 2016, ben sapendo che prima di allora avrà altre opportunità di misurare il proprio talento, nel tentativo di farselo bastare per finalmente tornare a primeggiare anche sulla ribalta più ambita, quella che solo gli Slam sanno dare.
Non vi è motivo di credere che tra poco più di un mese non sia tra i favoriti agli Us Open. Il suo tennis è ancora ficcante, il suo fisico regge, la determinazione non scema, l’orgoglio lo porta ad allenarsi più e meglio di prima.
La voglia matta di divertirsi giocando a tennis lo mantiene giovane e ne preserva lo spirito, che in fondo è il presupposto ideale di un ulteriore successo.
Diamogli fiducia, ha dimostrato che con un pizzico di fortuna e una preparazione puntigliosa – sempre più focalizzata sugli Slam, Parigi esclusa – la quota 18 può essere toccata prima di un pensionamento che non si sente ancora arrivare.
Giocherà finché si sentirà all’altezza, competitivo. Finché avrà l’impressione (la certezza non la può avere nemmeno lui) di poter vincere l’ennesimo Slam. E se gioca, può vincere.
Da Wimbledon torna sì con una sconfitta in più, ma anche con la consapevolezza di potercela fare. E su questa imposterà il lavoro. Per trionfare ancora.

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