Commento

Metodo insincero

16 febbraio 2015
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Se si segue appena appena l’attualità politica-economica non è difficile inanellare una serie di controsensi. Si rimane perplessi perché si ha l’impressione che facciano parte di un metodo che vuol essere deviante o insincero.
La politica è sostanza. Sostanza della democrazia. Se non c’è sostanza si hanno solo contenuti vuoti oppure messinscene, magari a scopo elettoralistico. Prevale, ad esempio, una sorta di continuo stucchevole e deviante discorso sui mezzi, ma manca sempre il discorso sulle cause e sui fini. Che non vuol dire destinare semplicemente dei mezzi a uno scopo, ma precisare quale dovrà essere il fine da raggiungere, i motivi per dargli quel contenuto, i modi e i tempi di realizzazione. Arriva una manna di 57 milioni versati dalla Banca nazionale (è quasi certo che l’anno prossimo non ci sarà niente). Sono dei mezzi. Un’iniziativa (pipidina) propone di utilizzarli a favore dell’occupazione nel nostro cantone, della riqualifica professionale, contro la piaga della disoccupazione dei giovani e degli ultracinquantenni. Potrebbero anche essere utilizzati per ritardare il ricorso all’assistenza pubblica di chi termina il diritto di disoccupazione. Idee che conquistano, non sono da buttare. Il capogruppo liberale-radicale Vitta solleva però, implicitamente, in una intervista, un interrogativo: e quando il regalo è consumato? Usa quindi un’espressione da economista che piacerà a pochi: il problema è ‘strutturale’, non di una volta tanto (che ha quasi il senso della carità elargita a spese degli altri, si potrebbe aggiungere). E ha ragione. Dovremmo affrontare un problema vitale per il cantone non perché improvvisamente dall’esterno ci arriva addosso qualche franco (possibili mezzi) che può funzionare da cerotto per alcuni mesi, ma perché è una malattia che ci trasciniamo da troppo tempo di tutto il corpo economico cantonale. Bisognerebbe maturare finalmente quella volontà di seria analisi (alcune sono state fatte, inascoltate) e scelta di chiare e persino discriminanti politiche territoriali o industriali che diano una risposta e perlomeno un tentativo di cura della malattia ‘strutturale’ (e quindi neppure congiunturale, come la si vuol far passare, anche se la congiuntura l’aggrava). Insomma, si corre il rischio che il regalo diventi ancora una deviazione formale (o elettorale) dalla sostanza. Come capita spesso. Anche con la questione dell’imposizione fiscale dei frontalieri: ricavarne più soldi per lasciare il problema come prima.
Un altro metodo che ha imperversato in questi giorni, alle volte in maniera smaccatamente insincera, è l’utilizzazione di un fatto (parità franco/euro) come mezzo proficuo per praticare politiche socialmente distruttive. Il metodo consiste nell’anticipare di botto un fine catastrofico, ristrutturando, licenziando, riducendo salari, traslocando. L’esempio più eclatante è quello di una importante banca che presenta forti utili, aumenta i dividendi distribuiti agli azionisti e con il pretesto di quel fatto-mezzo (franco/ euro) che non ha ancora esplicato nessun effetto, licenzia di colpo 200 impiegati. Se questa è economia…

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