L'editoriale

La zappa sui piedi

16 giugno 2015
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Il popolo è sovrano. Non ci piove. Ma, a futura memoria, non sarebbe male se il nostro sovrano, che (qui da noi) ha bocciato a maggioranza la modifica del metodo di finanziamento del canone radio-tv, desse anche un’occhiata alle reazioni dei media confederati al nostro voto. Reazioni di stupore, visto che, per sacrosanta solidarietà confederale, i Cantoni svizzero-tedeschi versano di più e prendono molto di meno nella cassa Ssr. È così che la Svizzera italiana, con una grande iniezione di soldi d’Oltralpe, finanzia la Rsi. Ma, dopo il nostro rifiuto al nuovo sistema di pagamento, cosa si è scoperto? Che di fatto quei milioncini non ci interessano più di tanto. Eccoli dunque i titoli che abbiamo potuto leggere ieri. Vanno dal ‘I più grandi approfittatori (cioè noi ticinesi, ndr) della Ssr dicono no’ (Tages-Anzeiger), che sottolinea come in Ticino venga raccolto il 4,5% della tassa, ma si riceva oltre il 20% per le sue emittenti e che la Rsi, da noi secondo datore di lavoro, sfami centinaia di famiglie. Rincara la dose l’Aargauer Zeitung che evidenzia il tabù ‘finalmente infranto di potersi anche soltanto chiedere perché la Ssr in Ticino abbia bisogno di un apparato gonfiato di 1’100 impieghi a tempo pieno’. Particolarmente esplicita pure la domanda posta dal Blick ‘Regioni linguistiche piccole come il Ticino necessitano di due canali televisivi?’. Il tema della coesione nazionale infine è sollevato dalla Nzz, mentre Le Temps menziona la sfiducia nei confronti del potere federale, in analogia a quanto già successo da noi con l’Ue o l’immigrazione (cfr. pagina 6). La questione si fa delicata. Il voto negativo sul canone si inserisce nella scia del pollice verso ticinese al finanziamento di Expo. Un evento mondiale, nel quale, secondo tutte le logiche, ma in particolare in onore all’italianità della Svizzera, il Ticino doveva essere il Cantone di punta: quello che tirava il carro dei Cantoni gottardisti, visto che l’Expo è qui a due passi e visto che siamo l’unico angolino al mondo (col Grigioni italiano) dove si parla italiano fuori d’Italia e, per questo, nel nostro Paese siamo fiera e rispettata minoranza. E invece ci siamo bloccati davanti all’ostacolo del finanziamento pubblico, noncuranti della figuraccia fatta a livello intercantonale e nazionale. Ma quella era una figuraccia più che altro d’immagine e a costo zero per i portafogli. Quella fatta domenica è invece una figuraccia che rischia di costarci cara. Quei 300 milioni, che piovono ogni anno sul Ticino e che in periodi di crisi fanno ancor più gola, saranno presto messi in discussione, visto che non siamo neppure più in grado di accorgerci del valore della solidarietà confederale, neppure quando è a nostro favore! Abbiamo detto no con una certa baldanza e superficialità, come se l’idea di Svizzera dietro l’ente nazionale non ci interessasse più di tanto. Eppure, proprio in quella Svizzera incarnata dalla Ssr, noi siamo parte integrante e culturalmente importante. Perché tirarci la zappa sui piedi? E adesso che De Weck & Co. dovranno ancora ballare su cosa significa fare servizio pubblico e anche sull’iniziativa per abolire il canone e sul prossimo rinnovo della concessione, ovvio che i coltelli si faranno sempre più affilati. Qualcosa ci dice che (a breve) le sorprese anche a Sud delle Alpi non mancheranno.

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