Ma che sono tutti quei ghirigori, righe senza fine, buchi nel foglio, geometrie incomprensibili...? Una forma di linguaggio, forse primitiva ma complessa
Pubblichiamo l’editoriale apparso su Ticino7, allegato a laRegione
Lo chiamiamo scarabocchio, in verità è una forma di comunicazione fatta di segni con significati precisi e concreti. Una considerazione che chi opera con i più piccoli conosce bene. Crescendo, i bambini affinano il loro modo d’esprimersi, che diventa sempre più strutturato: da scarabocchi a disegni, parole, frasi e storie, con contenuti che parlano di emozioni, sentimenti e desideri il passo non è breve ma una naturale evoluzione cognitiva. Premesso che ogni bambino "è un caso a sé", per uno psicologo infantile interpretare gli scarabocchi dei bambini significa prestare attenzione soprattutto ad alcuni aspetti. 1) Come il bambino tiene matita/penna: capire dunque se è rilassato e libero o se nasconde delle tensioni. 2) Il punto di partenza del disegno: se il bambino inizia a disegnare dal centro del foglio, di solito, indica che si colloca nel mondo esteriore. In caso contrario, potrebbe mostrarci timidezza o tensione. 3) Gli spazi: tratti sufficientemente ampi indicano sicurezza, estroversione e desiderio di crescere. Quando non lo sono potremmo trovarci di fronte a un bambino con paure, inibito, introverso. 4) La pressione: se è leggera, potrebbe mostrare un bambino dalla natura sensibile. Se è marcata, indica una grande energia e il bisogno di avere grandi spazi. 5) Il tratto: se è sicuro, indica forza e coraggio, al contrario sarebbe segno di paura o essere la conseguenza di un’educazione troppo rigida. 6) Le forme: ogni cerchio, linea curva, angolo o linea spezzata sono il riflesso di come il bambino si colloca nel mondo e di come si percepisce. In che modo tutto ciò possa diventare arte (di illustrare, raccontare, denunciare) è uno dei temi affrontati da Sara Groisman nel numero di Ticino7 in edicola da oggi, sabato 18 marzo. Buona lettura.