
Pubblichiamo un articolo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.
Prima di Bin Laden, prima del terrorista dei terroristi e prima dell’anno 2020 che si è guadagnato il “riconoscimento” quest’anno, la X su Time era finita sul volto di Abu Mousab al-Zarqawi (giugno 2006), il leader di al-Qaeda in Iraq; su quello di Saddam Hussein (2003); sulla bandiera del Giappone (giugno 1945 dopo la fine della guerra nel Pacifico) e per la prima volta il 7 maggio 1945 sul volto di Hitler. Oggi tocca appunto al 2020, evidentemente considerato un anno di terrore e miseria.
I geopoliticamente consapevoli, quelli che non si accontentano delle copertine date in pasto al popolo, ma leggono riviste di politica internazionale, ci guardano con sufficienza. Dicono che gli strascichi saranno lunghi e che nulla sarà più come prima. Dicono, quelli consapevoli e analisti, che il 2021 sarà ben più impegnativo perché ci vedrà alle prese con le conseguenze di tutti i colpi che quest’anno abbiamo lavorato per parare e schivare. Ormai abituati all’impensabile – mascherine, solitudine, Natali in poche persone quando vieni da famiglie in cui sotto le quattro persone non ci si siede neanche all’ora di pranzo di un normalissimo martedì infrasettimanale – dovremo gestire il pensabile. Le feste da recuperare, i lavori da ripensare, gli stipendi ridotti, gli orari sbriciolati, la delusione che si accumula.
Sembra un secolo fa e invece era solo la primavera scorsa, quando eravamo barricati in casa e la grande chiedeva: “Se fra tre giorni trovano il vaccino pensi che a fine mese potrò fare la mia festa di compleanno?”. La piccola si pavoneggiava, con quel modo crudele tipico dei bambini: “Io compio gli anni a dicembre, sono molto più fortunata di te”. Solo che la festa non si può fare neppure questa volta, con la differenza che le scuole sono aperte e quello che per noi è un sollievo per i bambini appare come un’aggravante imperdonabile.
Non credo che il 2020 sia l’anno peggiore di sempre. Anche se di sfighe ne ha messe in fila parecchie e con una costanza ammirabile. Mi scuserete per questa chiusa che mi fa sembrare saggia, mite e – quel che è peggio – ottimista: finché avremo spazio per pensare a come rifarci non ci sarà nulla di irrecuperabile. Abbiamo un credito di felicità e divertimento. Potremo dimenticarlo in un cassetto, come si fa con quei buoni da spendere che si ricevono quando si cambia un regalo sbagliato. Oppure farne tesoro.
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