In una lettera-manifesto indirizzata alle autorità politiche federali 114 medici e operatori sanitari della Svizzera italiana chiedono misure urgenti
Si dicono sconvolti e chiedono un’azione immediata che possa alleviare le sofferenze dei civili e porre fine alla carneficina in corso. Loro, che per la loro professione la malattia, la sofferenza e la morte le frequentano quotidianamente, non possono accettare che la politica sia così arrendevole di fronte all’inenarrabile dramma di Gaza. Promossa da quattro tra i nomi più noti della medicina (i dottori Franco Cavalli, Flavio Del Ponte, Pietro Majno-Hurst e Giovanni Pedrazzini) la presa di posizione ha raccolto in un baleno 114 sottoscrizioni. Potevano essere anche il doppio, ma l’urgenza ha imposto tempi strettissimi per raccogliere le firme: non si può più attendere.
Una lunga lista di nomi di medici di famiglia, cardiologi, oncologi, primari, tutti uniti nell’indignazione e nella convinzione che l’ombra di una vergogna indelebile si sta allungando sul nostro Paese. «Una certa tenacia è insita nel nostro mestiere, non abbandonare dopo i primi insuccessi fa parte del nostro Dna di chirurghi» ci risponde il Dr. Pietro Majno-Hurst quando obiettiamo che diverse recenti petizioni firmate anche da ex consiglieri federali e diplomatici non hanno sortito alcun effetto. Sottolinea che ormai a Gaza gli operatori sanitari sono diventati un bersaglio: «È inaccettabile e scioccante: siamo cresciuti con l’idea che la tua professione ti proteggesse, ora sappiamo che è il contrario, perché ferirti o ucciderti è diventato un obiettivo militare». Lui che è un medico di fama internazionale nel campo della chirurgia del fegato, si porta addosso anche un tormento personale e considera un dovere la sua rivolta contro la complicità che si nutre di silenzi: «Sono in parte di origine ebraica, e oggi mi rendo conto che sono i miei fratelli che stanno commettendo questi crimini. La mia famiglia è stata vittima della persecuzione razziale (il padre e due famigliari si sono salvati trovando rifugio in Svizzera nel 1943, N.d.A). La mia stessa storia mi impone di stare dalla parte di chi la persecuzione la subisce oggi a Gaza».
Il Dr. Flavio del Ponte ha consacrato la sua vita alla chirurgia di guerra (il suo recente “Dissonanze. Storie di un chirurgo di guerra” edito da Armando Dadò costituisce una preziosa testimonianza) frequentando alcune tra le aree di conflitto più cruente, dal Ruanda al Corno d’Africa, dall’Afghanistan alla Cambogia. «La situazione a Gaza è spaventosa, non ho mai assistito a nulla del genere: l’aiuto umanitario usato sistematicamente come arma di guerra, l’azzeramento del diritto internazionale, l’annientamento di qualsiasi considerazione di diritto; si dà mano libera ai criminali con un atroce crescendo di intensità, parallelo a un aumento dell’indifferenza. Già Hannah Arendt parlava di quella banalità del male che vediamo ogni giorno a Gaza. Comunque io non ho mai pensato che si potesse arrivare a questo punto». «Personalmente credo che cose del genere siano già successe», ritiene invece Majno-Hurst che non esista a tracciare un parallelo, particolarmente doloroso, con il Ghetto di Varsavia e i campi di concentramento, sottoscrivendo così il parallelismo storico a cui aveva ricorso il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres per il quale la striscia di Gaza era ormai da considerare un “campo di sterminio”.
«In quanto medico passi magari 15 ore per curare un paziente e poi vedi che il tuo Paese non fa nulla per salvare delle vite» constata con amarezza Maino-Hurst. Anche lui ricorre al termine dissonanza. Forse potremmo chiamarla schizofrenia sociale e politica. «Tutta questa violenza va nella direzione opposta a quello che la società da noi si aspetta. Investiamo tecnologia e competenze senza discriminare tra giovani e anziani, e poi cosa vedo là fuori dalla sala operatoria? Una pallottola vanifica anni di vita, di felicità, di prospettive per i tuoi simili. Cosa ne sarà dei bimbi di Gaza che non potranno sviluppare la loro intelligenza, i loro potenziali perché malnutriti mentre i loro coetanei israeliani possono avere un futuro? Assistiamo al degrado della democrazia: quanto abbiamo costruito con la Resistenza, con le conquiste sociali, con i diritti umani, si sta sgretolando». La democrazia si spegne nell’oscurità, l’inerzia e la rassegnazione se non la complicità di fronte all’eccidio, sarebbero come tumori che avanzano con la loro metastasi, minando le fondamenta della società e dello Stato di diritto.
«Noi non ci stiamo con l’inazione», così il Dr. Del Ponte sintetizza il manifesto dei 110. «Il governo dovrebbe dare l’esempio all’Europa, come ha fatto dopo la Seconda Guerra Mondiale con le Convenzioni di Ginevra». Parole a cui sono estranee le mezze misure, «siamo di fronte a un regime di menzogne, vengono negati i fatti, anche quelli evidenti e provati, la verità è messa da parte, quasi fosse un optional». Il riferimento è anche al sistematico assassinio di quei dannati della terra in attesa di ricevere qualche aiuto alimentare: «Neanche in Somalia dove la guerra era estrema nella sua crudezza, ho mai visto soldati sparare sistematicamente su chi andava a chiedere del pane». Insomma non ci si possono più permettere eufemismi.
Le richieste dei firmatari sono chiare: gli attacchi ai civili devono cessare immediatamente, si dia accesso e protezione agli operatori sanitari e alle strutture sanitarie, alle Ong e alla stampa. Bei propositi, ma di fronte al muro di gomma israeliano cosa potrebbe fare Berna? «La dignità imporrebbe a Ignazio Cassis dopo aver imposto sacrosante sanzioni alla Russia, di imporle oggi a Israele, bloccando i conti dei cittadini legati al regime. Il doppio standard è scandaloso» afferma il Dr. Majno-Hurst. Insomma, mezzi di pressione politica ed economica esistono eccome, ma Berna non oserebbe implementarli. «Nel mondo purtroppo non riusciamo più a portare in posizioni di potere i Gandhi o i Mandela, personalità in grado di condizionare il corso degli eventi con un impulso morale» aggiunge ancora con amarezza. «Dobbiamo capire perché, per correggere questa tendenza».
Qualche speranza che il Dr. Cassis possa essere più sensibile a un appello lanciato da suoi colleghi medici? «Ci aspetteremmo da lui una sensibilità speciale ai temi della sofferenza e della verità dei fatti». «Il nostro non è solo un appello, è un grido d’allarme per la difesa di quegli stessi valori alla base della nostra professione, in primis portare soccorso a chi ne ha bisogno, senza distinzioni. È quanto ci chiede la società». Considerazioni che tutti potrebbero sottoscrivere quelle di Pietro Majno-Hurst.
«La nostra lettera-manifesto ha consentito a molti medici di esprimere pubblicamente una sofferenza latente, di dire noi non siamo d’accordo»: la voce di Del Ponte tradisce la frustrazione di chi ha consacrato una vita a salvare gli umani e che oggi assiste impotente alla loro distruzione. «Quel non siamo d’accordo è un grido per denunciare il blocco di farmaci e cure, il fatto che si continui impunemente ad ammazzare, a sterminare la popolazione. Il tutto sulla base di argomenti inaccettabili e fallaci». E noi? «Noi siamo sommersi dalla vergogna, noi che viviamo nel benessere e che non decidiamo di fare quanto è in nostro potere per salvare chi muore laggiù».
Nel loro appello i medici denunciano la censura ferrea sulla stampa da parte del governo di Israele che non consente a nessun reporter di entrare nella Striscia di Gaza e che recentemente ha anche tranciato i cavi delle fibre ottiche rendendo estremamente problematici i collegamenti via internet. Finora l’esercito ha già ucciso 230 giornalisti, tetro record mondiale di tutte le epoche. «È uno scandalo» afferma il celebre chirurgo, «direi quasi equivalente di quello che riguarda i medici. Impedire di informare è uno strumento per disumanizzare, calpestare la verità serve a giustificare l’ingiustificabile. Dare voce alle vittime è un diritto umano assoluto». «Anche il nostro ministro degli Esteri purtroppo ha mostrato di disprezzare la verità, è gravissimo». «Impedire la verità è un crimine» chiosa Del Ponte. Due medici combattenti per i diritti più fondamentali, due indignati che non ci stanno. E che chiedono assieme agli altri colleghi di uscire da quel vicolo cieco dell’inazione e di quella sorda vergogna in cui, a loro giudizio, si sta insabbiando il nostro Paese.
"The shame of Gaza must not be our shame"
"#gazashamenotinourname"
In nome dei valori che la popolazione ci chiede di osservare nel curare i nostri pazienti,
sconvolti dal fatto che la fame, la sete, l’assenza di cure e la disinformazione continuino a essere usate come armi contro la popolazione della striscia di Gaza, in flagrante e persistente violazione del diritto umanitario, provando un senso di vergogna per la sostanziale passività dei Governi del mondo occidentale, chiediamo che il Consiglio Federale utilizzi immediatamente ogni strumento a sua disposizione affinché il Governo e le Forze armate israeliane:
. cessino gli attacchi sui civili, gli operatori sanitari e le strutture sanitarie
. garantiscano il libero accesso di tutti gli aiuti umanitari alla popolazione, attraverso gli organismi deputati indipendenti, incluso quello dei reporter della stampa testimoni delle violazioni dei diritti, nonché interlocutori per la popolazione locale.
Neutralità ed apertura al dialogo non possono significare equidistanza davanti alle violazioni del diritto umanitario.
Sosteniamo riconoscenti tutti gli appelli accorati e in primis quelli della Presidente della Croce Rossa Internazionale Signora Mirjana Spoljaric che instancabilmente ribadisce che le Convenzioni di Ginevra, delle quali la Svizzera è custode, vanno rispettate e promosse, e che ricorda come i firmatari devono "fare pieno uso del loro potere politico ed economico" per esercitare pressione su un paese che violi i diritti fondamentali, come la Svizzera ha ben saputo fare quando ha aderito alle sanzioni della Comunità europea contro la Russia in occasione dell’invasione dell’Ucraina.
Quanto succede non può essere accettato, all’indignazione deve far seguito l’azione, senza più alcuna titubanza.
*È accertato che gli operatori sanitari, anziché protetti, sono esposti a maggiori rischi che la popolazione generale di Gaza, con una mortalità di 2.5 volte superiore. Per quanto riguarda la stampa, sono stati uccisi dalle forze israeliane 230 giornalisti, un numero che non ha precedenti nella storia.
Anna Acchini
Milena Albani
Alice Albini
Mario Alerci
Jaleel Al-muaid
Malekah Al-muaid
Sara Bagutti
Stefano Balestra
Mauro Bernasconi
Francesco Bertoni
Paola Bettelini Lurà
Giorgia Bianchi
Elisa Bignamini
Desirée Bilgischer
Gianfranco Bolognini
Fulvio Bomio
Christina Bornivelli
Eveline Brem
Nello Broggini
Anna Brunello
Giulia Bruzzone
Bruno Capelli
Stefano Cappio
Marina Carobbio
Alice Caroli
Gianni Casanova
Simona Cassai
Franco Cavalli
Giuliano Cavalli
Sara Cerminara
Jihad Chebaro
Roberta Codecà
Alessandro Costa
Alessandra Cristaudi
Martina Dalolio
Sara De Marchi
Flavio Del Ponte
Roberto Di Stefano
Marcello Di Valentino
Mattia Duchini
Suraj Elavumkudy
Pietro Faré
Claudio Ferrari
Marco Foglia
Pietro Foglia
Mario Franciolli
Corneliu Fratila
Paolo Gaffurini
Claudio Gaia
Lea Gaia
Augusto Gallino
Michele Ghielmini
Viola Gilardi
Barbara Goeggel Simonetti
Rocco Grignoli
Ramona Guatta
Marilù Guigli Poretti
Sandor Györik
Daniel Hagara
Markus Huber
Samia Hurst-Majno
Alfonso Iodice
Rinaldo Jörg
Eleonora Lupi
Matiar Madanchi
Lorenzo Magenta
Francesca Maineri
Pietro Majno-Hurst
Maria Pia Mangione
Vanni Manzocchi
Francesco Marbach
Claudio Marone
Zefiro Mellacqua
Andrea Menafoglio
Fabiano Meroni
Mirko Molina
Giorgio Mombelli
Alberto Moriggia
Franco Muggli
Paul Müller
Jelena Nikolic Krahenbuhl
Giorgio Noseda
Guido Ongaro
Francesca Orlando
Emanuela Pareti
Giovanni Pedrazzini
Mariella Pedrini
Monica Peduzzi
Marco Peronti
Luna Pescia
Roberta Petrino
Marco Poncini-Gobbi
Franco Quadri
Antonella Richetti
Renzo Rigotti
Viola Rigotti
Damiano Salmina
Oscar Sanz
Fabio Sartori
Beppe Savary-Borioli
Cristiana Sessa
Giacomo Simonetti
Hans Stricker
Claudia Tenzi Marbach
Clemens Truniger
Graziano Uccheddu
Rosario Valenti
Fausto Widmer
Rolf Wyttenbach
Fabiana Zanchi
Marco Zanetti
Laura Zanisi
Damiano Zemp
Giorgia Zerboni