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Consiglio federale, ‘a perdere è stato il candidato di troppo’

Per il politologo Pilotti determinanti sono stati un mondo contadino già ben rappresentato, come lo è la Svizzera orientale, e un profilo più consensuale

Pfister e Ritter il giorno prima dell’elezione
12 marzo 2025
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«Mi aspettavo una competizione aperta, ma non tale da vedere l’outsider e candidato dell’ultima ora Martin Pfister mancare di un solo voto al primo turno l’elezione diretta. Alla luce di quanto successo, e raccogliendo i segnali della vigilia, credo che Markus Ritter abbia pagato il fatto di essere “il candidato di troppo” sotto diversi punti di vista». Esordisce così Andrea Pilotti, politologo dell’Università di Losanna, interpellato da ‘laRegione’ per un commento sull’esito dell’elezione del nuovo consigliere federale.

Da che punti di vista Ritter si è rivelato il candidato di troppo?

È stato il candidato di troppo del mondo contadino, che a livello di parlamento e di governo federale è già ben rappresentato sia direttamente che indirettamente, pensiamo ad esempio a Elisabeth Baume-Schneider che è cresciuta in una famiglia contadina. È stato il candidato di troppo della Svizzera orientale, che considerando San Gallo e i due semicantoni di Appenzello ha avuto una presenza piuttosto regolare dagli anni Ottanta, mentre la Svizzera centrale rappresentata da Pfister, dopo l’esperienza con Kaspar Villiger, mancava in Consiglio federale da più di 20 anni. E poi è risultato anche troppo profilato, percepito come più divisivo rispetto al contendente riconosciuto come più consensuale.

È dunque stato un voto più contro Ritter che pro Pfister?

Da un lato sì. Soprattutto a sinistra in molti hanno scelto Pfister perché era il candidato che li convinceva appena un po’ di più. Il discorso è un po’ diverso per i liberali: se guardiamo alla legislatura iniziata nel 2023 che ha portato a un chiaro spostamento a destra del parlamento, vediamo la presenza di una triade di temi che dettano l’agenda, ovvero la questione delle finanze pubbliche, quella dell’esercito e quella dell’agricoltura. La sensazione è che una parte degli esponenti dell’ala più a destra del Plr abbia reputato di aver già concesso parecchio al mondo contadino e quindi optato per l’esponente di un cantone che distribuisce tantissimo in perequazione finanziaria, nell’auspicio di poter conferire insieme a Karin Keller Sutter un peso specifico maggiore al discorso sulle finanze pubbliche.

Qual è la principale sfida che dovrà affrontare Pfister in seno al Dipartimento della difesa che dovrebbe ereditare?

Sicuramente quella non di poco conto di circondarsi di profili giusti e di grande fiducia che sappiano affrontare un gioco di squadra, e in questo il fatto che abbia svolto una carriera militare lo avvantaggia. Dovrà inoltre lavorare sulla comunicazione che sotto Viola Amherd è stata lacunosa in un dipartimento che ha guadagnato una visibilità e un’importanza politica inedite negli ultimi 30 anni.

Cosa si può dire sullo stato di salute del Centro? È un partito che ha saputo rilanciarsi ma che non è stato in grado di trovare più di due candidati per un posto in governo.

Va riconosciuta alla presidenza di Gerhard Pfister la capacità, dopo decenni di lento declino, di aver saputo invertire la tendenza con scelte anche abbastanza coraggiose guardando alla storia del partito, come quella di togliere il riferimento “cristiano” nel nome. Aprendosi a nuovi temi, e anche grazie all’importante lavoro delle donne, il Centro ha conosciuto una nuova dinamica, andando al di là di un elettorato tradizionale, verso uno più di opinione. Ha stupito certo la fatica a trovare dei candidati e lo stillicidio di rinunce. Ma l’entrata in governo di Martin Pfister permetterà probabilmente al Centro di fare dimenticare presto questa défaillance grazie al fatto di aver proposto accanto a Ritter un outsider che ha saputo giocarsi le proprie carte fino all’elezione, dando prova che fin nei cantoni e nelle città ci sono esponenti competenti e in grado di creare consenso.

Potrebbe esserci stata anche la riflessione di tenere i pesi massimi da candidare per le federali del 2027 in modo da avere più possibilità di insidiare il secondo seggio Plr?

Anche questa potrebbe essere una chiave di lettura. Ma credo che la riflessione principale per i tenori del partito sia stata più legata al Dipartimento della difesa: dati gli scossoni interni e il contesto internazionale non favorevole, hanno deciso di aspettare.

Per il Centro avere un consigliere federale alla guida di un dipartimento in crisi e nel mirino delle critiche può essere penalizzante in vista delle prossime Federali?

Credo che il Centro abbia fatto una scelta ponderata: vista la situazione sempre più tesa, far portare a termine ad Amherd la legislatura era un rischio troppo alto nell’ottica di un partito che vuole rivendicare un secondo seggio in governo. La speranza è che nei prossimi due anni Pfister porti un po’ di ordine nel Dipartimento.

Che tipo di corsa al governo ci si deve attendere per il 2027?

Va premesso che le elezioni non possono mai prescindere dalle evoluzioni congiunturali. Come visto negli ultimi anni alcune tematiche hanno acquisito nel dibattito una centralità fino a poco prima inimmaginabile, per questo è difficile fare una previsione. Credo comunque che la politica di sicurezza e il ruolo più centrale riconosciuto all’esercito in Svizzera saranno ancora tematiche della campagna, così come le questioni economico-finanziarie, anche legate ai dazi, ciò che porterà le forze progressiste a doversi profilare su questioni che non le vedono favorite.